Si conclude con l’intervista a Giorgio Longhi, Scout e Quality Coach della Nazionale Italiana, la presentazione del Blue Team in vista della prossima edizione del Four Helmets, in programma a Firenze dal 19 al 22 luglio. Giorgio Longhi, partendo da un’analisi del Football Americano in Europa, fa il punto della situazione del Football in Italia e traccia le linee guida da seguire perché il Blue Team ritorni presto ai vertici continentali.
Cominciamo con una “fotografia” della Nazionale Italiana di football americano
“L’attività internazionale, al di fuori delle qualificazioni per i campionati Europei e Mondiali, rappresenta un momento di crescita fondamentale per la squadra.
Siamo una Federazione in forte espansione ed il Blue Team riflette questa peculiarità: un piccolo gruppo base ed un grande turnover di giocatori garantisco competitività in tutti i reparti e questo ci consente di progredire nella qualità del lavoro e delle performance.”
In Europa, le nazionali sono divise in gruppi, un po’ come nella Coppa Davis del Tennis
“Per determinare il livello di una Nazionale dobbiamo partire dall’analisi dei partecipanti. Negli ultimi 4 anni è cambiata completamente la tipologia del giocatore europeo, l’età media si è sicuramente abbassata di almeno 4–5 anni passando da 28 a 23 anni, e questo significa che abbiamo giocatori che come negli Stati Uniti iniziano a giocare a 11–12 anni e già a 19 hanno, ed avranno, performance sempre più vicine a quelle dei giocatori americani. Lo dimostra il fatto che è in grande aumento il numero di giocatori europei che ottiene borse di studio e che si inserisce in squadre di college. Riassumendo, anche il risultato delle partite internazionali ci dice che le nazionali del gruppo A sono certamente competitive con i college di seconda divisione. A livello giovanile, le nazioni dove sono attivi programmi per giocatori che iniziano a 10 -11 anni, pur non essendo ancora veramente competitivi, stanno
riducendo velocemente il gap con i coetanei degli USA e Canada.
Il gruppo B ha almeno 4 squadre già competitive per entrare nel gruppo A. Il gruppo C ha squadre con ottimi giocatori, è composto da formazioni emergenti ma anche da quelle che, per motivi economici o di scelta diversa di sviluppo, non hanno partecipato a precedenti edizioni dei campionati e quindi sono state retrocesse. Queste squadre possono anche essere molto forti, come nel caso dell’Austria, che aveva deciso di non partecipare agli europei, per lavorare sul consolidamento dei settori nazionali e poi in 2 anni è passata dal gruppo C al gruppo A, oppure come la Russia di questa edizione.”
Qual’è il livello del Blue Team e come valuti il percorso di avvicinamento condotto dal coaching staff ai prossimi Europei che si svolgeranno in Italia?
“Il livello del Blue Team è cresciuto molto nel corso degli ultimi due anni, questo è merito del lavoro delle società perché è lì che i giocatori crescono per la maggior parte dell’anno. FIDAF crede nelle potenzialità di questa squadra ed ha consentito alla Nazionale di darsi un’organizzazione molto professionale, sotto tutti i punti di vista, sia in termini di staff medico che di personale
organizzativo, il tutto coordinato da un team manager, dedicato esclusivamente alla nazionale. Ovviamente anche noi coach facciamo la nostra parte, insieme ai giocatori, ma sicuramente con una struttura di questo tipo è più facile lavorare che negli anni passati.”
Dalla tua esperienza a livello europeo e mondiale, cosa manca al football italiano perché possa tornare ai livelli di un tempo?
“Se si intende tornare a poter vincere un Campionato Europeo, mancano un paio di anni di lavoro con le società che collaborano con la federazione per favorire il lavoro della Nazionale. Nessuna polemica in quanto dico, siamo nella stessa situazione di tutti gli altri sport, dove si deve riuscire a conciliare gli interessi di tutti, Federazione, Leghe e squadre. Come Cesare Prandelli anche coach Vincent Argondizzo ha chiesto la possibilità di lavorare di più con i giocatori durante l’anno. La struttura c’è già! Non manca nulla! Siamo già competitivi per entrare nel gruppo A ed una volta entrati, per restarci.”
Sempre grazie alla tua visione globale: come è cambiato il football di oggi rispetto al football degli anni ’90?
“Intanto io giocavo già negli ani ’80! È cambiato tanto sul campo, dal punto di vista tecnico e tattico ed è aumentata anche la velocità di esecuzione. E’ cambiato molto anche fuori dal campo, in entrambi i casi possiamo dire che il Football Americano sia in Europa che in Italia comincia ad avere una buona “esposizione mediatica” con società e squadre che sono ben strutturate. Ciò significa che le “meteore” sono sempre meno e che il movimento, in forte espansione, può contare su una base sempre più solida.”
fonte Uff. Stampa FIDAF