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Sempre troppo poco: recap di Miami Dolphins vs Indianapolis Colts

Miami perde ancora, contro degli Indianapolis Colts abbondantemente alla sua portata. Il record peggiora ancora in attesa del rientro di Tua.


Dopo il bye, in week 7, i Miami Dolphins tornavano in campo nella non impossibile sfida contro gli Indianapolis Colts, al Lucas Oil Stadium. La partita, non certo spettacolare, vede gli ospiti partire con il piede migliore ma commettere poi troppi errori, i quali danno modo ai padroni di casa di rimontare e vincere. Ancora una volta, Miami fa troppo poco e questo è il problema principale, in questo momento, per i Dolphins. Il timore, infatti, è che il ritorno di Tua (che dovrebbe essere dietro l’angolo, con il QB1 probabilmente disponibile già in week 8) non basti a ricomporre le fratture di questa franchigia, la quale sembra avere un problema a livello psicologico, più che tecnico.

Il racconto della sfida

Il primo possesso che porta punti è il secondo di Miami, giunto dopo ben tre 3 and out consecutivi, due per i Colts e uno per i Fins, che fanno capire da subito quanto avvincente sarà la sfida tra due deluse di questo primo terzo di stagione.

Tyler Huntley, più in palla rispetto alle due uscite precedenti, si appoggia su De’Von Achane e Raheem Mostert, affidando la palla al rushing game ma poi, quando è chiamato a lanciare, scambia ottimamente con il TE Jonnu Smith. È proprio il numero 9 che, dalle 10 yards offensive, riceve e si libera di un paio di tackle per realizzare il primo TD di giornata. La risposta di Anthony Richardson e i suoi passa per le gambe del QB, quelle di Tyler Goodson e le mani di Adonai Mitchell, ma poi la difesa è brava a provocare un fumble che Zach Sieler ricopre.

Il nuovo attacco di Miami serve a tenere caldi Achane e Smith, ma alla fine Jake Bailey deve andare al punt. Tra buone azioni difensive e troppe bandiere gialle si arriva a una nuova segnatura, con un FG di Jason Sanders lungo 33 yards. Questi 10 punti saranno gli unici che gli ospiti metteranno a verbale a Indy, dal momento che l’attacco poi imploderà, anche a causa dell’infortunio di Huntley al braccio destro. Dalla metà del terzo quarto alla chiusura di partita giocherà Tim Boyle, chiaramente non pronto a guidare questa offense. Mentre i tifosi di Miami, legittimamente, si domandano perché debba guidare lui il reparto invece di un QB come Skylar Thompson, che è a Miami da 3 anni e conosce meglio questo playbook, almeno in teoria, inizia la rimonta dei padroni di casa.

Indianapolis non si dimostra mai convincente, anzi, spesso delude. È però in grado di fare quel che deve per prendersi la W. La ottiene grazie ai FG di Matt Gay (uno lungo 55 yards, uno 22 e il terzo 38) e ai suoi due RB, Goodson e Trey Sermon. Il primo di questi, nel terzo periodo di gioco, trova anche il TD, quello per il 10 a 10 che direziona la sfida in favore dei Colts. Nel frattempo, gli ospiti sbagliano molto. Sanders centra il palo da 53 yards, Huntley – prima di uscire – corre tra le braccia dei linemen difensivi, consentendo facili sack su possessi nei quali farebbe bene a lanciare la palla out of bounds, Mostert e Alec Ingold commettono due fumble sanguinosi. Poi ci sarebbe il capitolo penalità, ma servirebbe un articolo dedicato. Limitiamoci a scrivere che sono davvero troppe, ogni partita, e la situazione si sta facendo snervante. Questi falli ti mettono in difficoltà e sono tutti segno di mancanza di disciplina.

Prospettive a breve e lungo termine

I Dolphins hanno giocato 6 partite, hanno già goduto della settimana di sosta, e hanno uno score di 2 vittorie e 4 sconfitte. La situazione è pessima. Non ci sono altri termini per descrivere il momento, specie perché ci aspettavamo che questo roster, a questo punto della stagione, avesse accumulato 4 o 5 vittorie. Invece siamo qui a parlare di una season probabilmente compromessa, perché stiamo per chiudere un segmento di calendario piuttosto facile, nel quale abbiamo incontrato poche squadre realmente pericolose. Ora cambierà tutto e la competizione si farà più serrata. La lotta per guadagnarsi l’accesso ai playoff è cominciata e le franchigie che incontreremo avranno il coltello tra i denti.

Certo, il rientro di Tagovailoa porterà a un miglioramento immediato del rendimento offensivo. L’impatto sullo spirito del reparto sarà enorme e l’affiatamento con Jaylen Waddle e Tyreek Hill, che sono in letargo da quando il QB ha subito quel trauma cranico, non potrà che beneficiarne. Sul breve termine, dunque, i Dolphins miglioreranno. Le preoccupazioni sul lungo periodo, però, sono più difficili da scalzare. Le difficoltà di questa squadra vanno molto oltre il talento del suo timoniere. Tua potrà poco se la linea non lo proteggerà adeguatamente o se si troverà a dover indietreggiare continuamente a causa di penalità offensive. Alla stessa maniera, se il playcalling di Mike McDaniel (che oltre a essere head coach è anche l’addetto alle chiamate offensive) continuerà a mostrare tutte le perplessità che abbiamo visto finora: dai lunghi tentativi di FG alle inversioni a U tra passing e rushing game quando le partite non vanno, senza alcuna apparente strategia di fondo. Difficilmente un nuovo QB potrà cambiare lo stato delle cose.

Tua riprenderà ad allenarsi in settimana e domenica, con ogni probabilità, sarà in campo. Aggrapparsi a lui pare il gesto disperato di una squadra in crisi d’identità, prima che di risultati, ma, a volte, un cambio di prospettiva può bastare a riaccendere una scintilla sopita. Ci auguriamo che sia così perché, se l’innesto del numero 1 non fosse sufficiente a invertire la rotta, ci troveremmo di fronte a una verità che stiamo cercando di allontanare ma che potrebbe essere soltanto nascosta sotto il tappeto, pronta a saltarne fuori. Se le cose non dovessero cambiare, sarebbe difficile trovarsi in disaccordo con chi sta già affermando che questo rebuilding, iniziato nel 2019, è malamente fallito.

Crediti fotografici: Palm Beach Post.

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