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Tom Brady: “è quarto down?” No, è la quarta vittoria dei Bears
Dopo un primo tempo dai due volti, la battaglia del Thursday Night Football vede spuntarla i Bears, anche complice un qui pro quo con Brady protagonista.
Dopo un primo tempo dai due volti, la battaglia difensiva della seconda frazione del Thursday Night Football vede spuntarla i Bears, anche complice un qui pro quo avente Brady per protagonista.
Prima serata a Chicago per la prima volta in questa regular season 2020 e ospite di lusso é il “GOAT” (con buona pace dei detrattori) Tom Brady, passato a vestire la casacca dei Tampa Bay Buccaneers nell’ultima offseason, con la malcelata ambizione di potere vincere l’agognato settimo anello senza la tutela di Bill Belichick.
Primo quarto: è Tom Brady show, Chicago Bears spettatori non paganti
Al Soldier Field manca tremendamente il pubblico a rendere questa serata autunnale una grande festa di football ma per i primi 25 minuti dell’incontro manca anche la difesa dei Bears e, in accordo con la tradizione, non è certamente sull’attacco navy and orange che si può contare per sopperire alla D non pervenuta e rimasta con la testa negli spogliatoi. Fra qualche placcaggio bucato e amnesie varie nella secondaria, mentre la pass rush fatica a carburare anche perché il pezzo pregiato della free agency di Chicago, Robert Quinn, continua ad essere un oggetto misterioso, Brady orchestra il suo attacco con diligenza e soprattutto Ronald Jones (per lui alla fine 17 corse per 106 yards e 3 ricezioni per 19 yards più un TD “rubato” misteriosamente per un’interpretazione cervellotica di una review ufficiale) corre a destra e sinistra tagliando come il burro la fiacca difesa dei Monsters of the Midway.
Two-minute warning: la sveglia per i Chicago Bears, da comparse a leader all’intervallo
Sul 13-0 la sensazione è che Brady sia destinato a restare imbattuto contro i Bears (5-0 il suo record in carriera prima di questa sfida) ma, nel finale del secondo quarto, i padroni di casa imbastiscono finalmente un drive degno di tal nome, percorrono 70 yards in 7 giochi e coronano lo sforzo con una corsa da 3 yards per un TD di David Montgomery.
“Palla al centro” e Brady imposta un 2-minute drill per ampliare lo scarto nel punteggio con 110 secondi a disposizione. Non ha fatto però i conti con l’improvviso risveglio della difesa dei Bears, scossa da un placcaggio magistrale di Kyle Fuller su Ke’Shawn Vaughn. Il contatto devastante provocato dal cornerback di Chicago produce un fumble recuperato dal redivivo Quinn, che consegna a Nick Foles un “campo corto”, 27 yards da percorrere con 55 secondi sul cronometro. Resta il tempo per una ricezione spettacolare di Jimmy Graham in end zone e, quasi inspiegabilmente, si va al riposo con i Bears avanti 14-13.
Secondo tempo: guerra difensiva, infortuni e una W made in Brasil
Si ritorna dagli spogliatoi e le due squadre decidono di mettere in mostra le loro difese, dominanti in modo differente. Se la linea difensiva dei Buccaneers controlla la linea di scrimmage impedendo di fatto ai Bears di impostare una strategia di corsa produttiva (non che questo sia al centro dei pensieri di Matt Nagy), i Bears fanno leva su una pass rush che si fa furiosa sulla scorta di un Khalil Mack incontenibile, che abbatte Brady tre volte, anche se uno dei sack viene generosamente convertito dagli arbitri in una penalità per unnecessary roughness che farebbe sorridere qualsiasi QB dell’era pre-Goodell (come Troy Aikman, che dissente apertamente durante il suo commento della partita per Fox).
Intanto arrivano infortuni pesanti, destinati ad avere ripercussioni nel prosieguo del campionato: la linea offensiva degli anfitrioni perde la guardia sinistra titolare James Daniels (infortunio ai pettorali e stagione finita), mentre Vita Vea dei Bucs si rompe la caviglia vittima di un contatto fortuito (probabile addio alla stagione anche per lui).
Si è fatto un gran parlare di Nick Foles e del suo potere di prevalere su Tom Brady (leggere: Super Bowl LII). L’ultimo quarto di Foles (così come e ancora più quello di Atlanta in Week 3) spiega perché i Bears lo abbiano strappato ai Jaguars nell’ultima offseason. Complice anche un’altra assai dubbia chiamata arbitrale (nuovamente biasimata da Aikman), con un più che benevolente roughing the passer a mantenere la palla in mano a Foles, il QB si riscatta da un primo tempo in cui era apparso “trubiskianamente” fuori sincronia, sfoderando un lob perfetto da 17 yards su un 2nd&11 per il sempre gagliardo Montgomery negli ultimi due minuti, che mette Chicago in field goal range. Stavolta non ci sono double doink che tengano e per il kicker brasiliano Cairo Santos sono 3 punti da 38 yards che segnano il sorpasso (20-19) sui Buccaneers con poco più di 1 minuto sull’orologio.
Quoque tu, Tom Brady?
Il finale regala ancora un siparietto veramente inatteso per un QB stagionato (eufemismo) e vincente come TB12. Per Tampa Bay, che con un 1 minuto e 13 secondi a disposizione aveva tutto il tempo per arrivare a distanza tale da potere calciare un field goal decisivo, turnover on downs con Brady che, in maniera imbarazzante, rivela al mondo di non essersi accorto di essere arrivato al quarto down, sprecato con un passaggio incompleto per Brate su cui la copertura di Houston-Carson è però da manuale. E resterà negli annali la foto di Brady indicando il numero 4 con le dita. Sì, Tom, il quarto down è già stato esaurito e quattro sono le vittorie dei Chicago Bears in queste prime cinque settimane di stagione.
Chicago fa sul serio?
I Bears hanno ritrovato nel secondo tempo una difesa dai tratti dominanti, anche se il marchio di fabbrica del defensive coordinator Chuck Pagano, rispetto all’epoca di Vic Fangio sembra essere un “bend not break” (mi piego ma non mi spezzo) che lascia spesso campo agli avversari, salvo rendere difficilissimo entrare in end zone (miglior difesa in red zone dopo 5 partite). Sul fronte offensivo, la formula di pass heavy che Nagy non desiste dal mettere in pratica non promette nulla di buono e il talentino di Montgomery sicuramente merita di essere alimentato con maggior costanza. Con tre quarti dei giochi offensivi risultanti in chiamate di passaggio è difficile fare strada.
Per Tampa, al netto della gaffe nel finale di Brady, resta l’impressione di un gruppo ancora in crescita, con una difesa molto solida (ma che potrebbe patire parecchio l’assenza di Vea) ed un attacco che, piano piano, sta trovando ritmo, sia grazie al gioco di corsa che al miglioramento dell’intesa fra TB12 e Mike Evans, nonché al lento ritorno a condizioni atletiche da NFL di Gronkowski.
In sostanza, sia i Bears che i Bucs hanno tutto per centrare un posto ai playoff, perlomeno via wild card ma, come si suol dire, la stagione è lunga e il lavoro che sia Arians che Nagy hanno davanti resta impegnativo.
Autore: Fabio Gentile
Data di pubblicazione:
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