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NCAA: il de profundis del football collegiale

La stagione deve ancora iniziare, in formato inedito e rivisitato, ma è del tutto probabile che salti inesorabilmente.


Manca solo un ordine esecutivo, ma Donald Trump ha tuonato con un tweet

Evidentemente, gli americani non conoscono il ferragosto (per come lo concepiamo noi italiani), e la settimana che lo precede, che di solito inizia con uno sguardo verso le stelle, e finisce con 3 giri di piazza e una corsa di cavalli. Un periodo di relativa calma, con le solite partenze intelligenti, così non è per il college football.

Il college football è un circo itinerante che muove milioni di dollari per 5 mesi l’anno, e già dalle prime battute non si può minimamente scherzare: non ci sono partite amichevoli di pre-stagione. C’è subito un ricordo di vittorie e sconfitte che viene subito aggiornato. Ma se dal lato sportivo è anche abbastanza accettabile perdere, c’è un giro d’affari che implica questo: tra le varie università delle Power 5, si rischia di perdere tra i 70 e 80 milioni di dollari, per la mancata generazione di fatturato derivante dai diritti televisivi, dai biglietti, merchandising, e tutto quello che gravita attorno alle 12 partite stagionali.

La stagione sarà “mutilata”, senza alcune partite extra-conference, in più non si capisce assolutamente niente, per quanto riguarda il college football, e non aiutano le dichiarazioni spontanee delle superstar come Trevor Lawrence, che chiedono di giocare. E ovviamente, Trump ribadisce

Manca un capitano che traghetti l’intera NCAA verso acque più calme, ma per come si sono sviluppati i fatti in ordine cronologico, bisogna partire dalla Ivy League.

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Le università più prestigiose del mondo, come Harvard, Yale, Princeton, hanno detto che per loro non c’è alcun problema nel cancellare l’intera stagione 2020: le lezioni saranno online, e Harvard si aspetta che tutti pagheranno la onerosa retta annuale completa, senza eventuali sconti, anche se non si sono avvalsi dell’uso delle aule.

La University of Southern California, casa dei Trojans, pare abbia fatto sapere alle proprie matricole che non saranno ancora ammesse nel campus, e nei dormitori, trasferendo le lezioni online, e mettendo a rischio la stagione degli studenti-atleti, che si stanno allenando con le mascherine addosso

La Big Ten ha pubblicato la lista delle partite, in un nuovo calendario rivisitato, e la tradizionale partita tra Michigan Wolverines e Ohio St Buckeyes, invece di chiudere la stagione, si giocherà alla settima tornata, circa poco prima di Halloween, in modo tale che l’eventuale esonero di coach Harbaugh sia un pre-incubo di paura.

Anche la SEC ha pubblicato il proprio calendario rivisitato, e non è trapelato nulla al riguardo: nessuno nel sud est degli Stati Uniti si è permesso di dire qualcosa.

Per quanto riguarda la ACC, conference in cui ci sono Clemson, Florida St, Miami e università del tabacco come Wake Forest e Duke, ha parlato e anche tanto Trevor Lawrence appunto, che senza mezzi termini dice che va bene tornare a giocare, senza sottilizzare più di tanto se è più o meno pericoloso prendere il coronavirus durante un allenamento, o standosene a casa.

E poi c’è la Pac 12

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Gli studenti della West Coast, nella sua anima più liberal che mai, sfida apertamente la NCAA e i dirigenti della conference, chiedendo in maniera compatta determinati obiettivi sociali extra-sportivi.

È stato inoltre chiesto:

  • un taglio dello stipendio del Commissioner della PAC-12, degli allenatori e degli amministratori su base volontaria a tutti coloro che superano i 100’000$ – a tal proposito facciamo notare che il commissioner, Larry Scott, ha già ricevuto un taglio del 12%, passando da 5.3 a 4.6 milioni di dollari di stipendio.
  • evitare spese eccessive per la costruzione di centri sportivi all’avanguardia, dirottando quelle risorse in sport di nicchia – e per Stanford ripristinare gli sport sospesi in questa annata.

OPT-OUT NEL COLLEGE: MA SI PUÒ FARE?

In una parola: NO!

C’è un grosso ma da dipanare, nel frattempo: alcuni giocatori si sono effettivamente infettati, durante gli allenamenti, e le università in maniera abbastanza raffazzonata hanno messo in quarantena i giocatori, senza che ci fosse un eventuale protocollo anche sull’impedire il diffondersi dell’epidemia. Questo però non ha impedito a chi è guarito di «Torniamo pure ad allenarci e giocare»

Tra proteste che montano, e caos che avanza indisturbato, si forma già una lista di studenti-atleti che decidono volontariamente di non giocare per il 2020

  • Jaylen Twyman, DT, Pitt
  • Josh Jackson, QB, Maryland
  • Chandler Wooten, LB, Auburn
  • Rondale Moore, WR, Purdue
  • Jacub Panasiuk, DE, Michigan State
  • Gregory Rousseau, DL, Miami
  • Kerry Martin, S, West Virginia
  • Micah Parsons, LB, Penn State
  • Rashod Bateman, WR, Minnesota
  • Kassidy Woods, WR, Washington State
  • Caleb Farley, CB, Virginia Tech
  • Ra’Von Bonner, RB, Illinois

L’opt out nella NCAA non è come nell’NFL: in primo luogo non è stato regolamentato, e inoltre non è ben chiaro se si possa fare.

In mezzo a questo mare in tempesta, manca proprio qualcuno che riesca a tenere la barra dritta. E il soggetto non si trova ancora.

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