- DAZEROADIECI Week in Review: Settimana 11
- Seconda W consecutiva: recap di Miami Dolphins vs Las Vegas Raiders
- DAZEROADIECI Week in Review: Settimana 10
- Vittoria in Prime Time, finalmente: recap di LA Rams vs Miami Dolphins
- DAZEROADIECI Week in Review: Settimana 9
- Sconfitti allo scadere, di nuovo: recap di Miami Dolphins@Buffalo Bills
- DAZEROADIECI Week in Review: Settimana 8
- Almeno ci siamo divertiti! Recap di Dolphins vs Cardinals
- DAZEROADIECI Week in Review: Settimana 7
- Sempre troppo poco: recap di Miami Dolphins vs Indianapolis Colts
Addio a Don Shula: Miami e la NFL piangono un’icona
Don Shula, leggendario coach dei Miami Dolphins (25 anni) coi quali ha fatto l’unica perfect season della NFL, si è spento all’età di 90 anni.
E’ una triste giornata per il football. E’ una tristissima giornata per i Miami Dolphins. Nella mattinata di oggi, il primo pomeriggio per noi europei, Don Shula se n’è andato.
La notizia è stata diffusa al pubblico da Barry Jackson del Miami Herald, a seguito della conferma da parte di uno dei figli di Shula.
E’ quantomeno doveroso rendergli omaggio, come appassionato di questo sport prima che come tifoso di Miami. Potendolo fare soltanto con le parole e la memoria, ho deciso assieme a tutta la redazione di Touchdown Magazine di dedicargli questo spazio. Ripercorriamo dunque assieme la sua probabilmente ineguagliabile carriera.
Gli inizi
Don Shula nacque nel 1930 a Grand River, un sobborgo di Cleveland, nell’Ohio. Appassionato di football fin dalla tenera età, non ha mai nascosto di aver falsificato la firma di sua madre, contraria alla sua decisione di praticarlo, pur di riuscire ad entrare nella squadra della sua high school. Da quel momento in poi, il suo amore per lo sport è lievitato.
Religiosissimo, così come tutta la sua famiglia, a un certo punto Shula ha seriamente pensato di prendere i voti e diventare prete. In una nota intervista a People Magazine, confessò: “Poi ho deciso che non potevo essere un prete ed un allenatore.” Ha scelto la seconda strada ed è inutile dire che gliene siamo grati.
Prima di intraprendere la carriera di coach, Shula è stato un giocatore. Ha militato per sette anni come defensive back tra le fila dei Colts, i quali a quell’epoca disputavano le loro partite a Baltimora. La sua carriera di giocatore lo portò poi anche a prestare i suoi servigi ai Cleveland Browns e ai Washington Redskins. Fu però un giocatore mediocre, nulla di eccezionale. Nel 1963, richiamato dai Baltimore Colts, decise di intraprendere la carriera da allenatore. Aveva 33 anni quando appese gli scarpini al chiodo, preferendo chiamare gli schemi. Da quel momento in avanti si siederà sulla panchina ben 526 volte, diventando l’allenatore che, ad oggi, ha allenato per il maggior numero di partite nella storia della lega. Come ben sanno i tifosi di Miami, però, il suo record più importante è un altro.
L’invincibile
I Miami Dolphins avevano concluso una pessima stagione nel 1969. Con uno score di 3-10-1, il presidente e fondatore della franchigia del Sud della Florida, Joe Robbie, schiumava dalla rabbia. La sua squadra, infatti, annoverava già nel suo roster giocatori eccezionali come Bob Griese, Larry Csonka e Nick Buoniconti, anch’egli scomparso da poco (lo scorso luglio). A quel punto allora, Robbie decise di chiamare Shula, il quale aveva già cominciato a distinguersi come allenatore a Baltimora, dove aveva guidato una squadra molto forte, pilotata dal QB Johnny Unitas, a diverse buone stagioni e ad un Super Bowl, perso contro i New York Jets. I Colts avevano infatti scelto di cambiare allenatore, nonostante lo score di Shula recitasse 71 vittorie e 23 sconfitte, oltre a 4 pareggi.
Shula si presentò a Miami portandosi dietro tutte le chiacchiere sul suo conto. Era un allenatore sincero, onesto e che sapeva vincere, certo, ma anche un burbero piuttosto insopportabile. Ci mise una sola stagione per portare i Dolphins ai playoff. Nel 1970, la franchigia di Miami disputò i primi playoff della sua storia e lo fece largamente grazie ai meriti di Don Shula.
Il 1971 non fu solo l’anticamera del Nirvana, il cancello presidiato da San Pietro e il preludio alla stagione più memorabile della storia dello sport di cui trattiamo, bensì la nascita di una cultura di cui ancora si parla quotidianamente a Miami: il battesimo della no name defense e dell’inarrestabile gioco di corsa, tratto distintivo di un attacco che Griese e Csonka seppero rendere impareggiabile. La difesa dei Dolphins non aveva nomi famosi, non aveva superstar eccelse, eccezion fatta per Buoniconti se vogliamo, eppure era l’equivalente sportivo delle mura di Troia, potente come l’acciaio e duttile come un ciuffo d’erba. Quell’anno arrivò la partecipazione al Super Bowl VI, i grandi Cowboys di quell’epoca, però, ebbero la meglio e Miami uscì malamente sconfitta. La sontuosa prestazione di QB Roger Staubach e delle due velenose frecce al suo arco, Mike Ditka e Duane Thomas, sorpresero i Dolphins, no name defense compresa, bloccandoli sul 24 a 3 che valse il titolo per Dallas. Da quella caduta, ad ogni modo Miami seppe abbondantemente rialzarsi.
Una stagione intrisa di leggenda
Dubito che qualcuno tra chi mi legge non sappia che cosa avvenne nel 1972 ma, per onor di cronaca e di Don Shula, ripercorriamo il suo miracolo sportivo. Quella del 1972 fu la settima stagione per i Dolphins, nonché la terza per la NFL con questo nome. Pochi ricordano questo dettaglio, molti ricordano però la stagione perfetta, quella in cui la giovane franchigia di Miami stabilì un record pazzesco, storico e tuttora imbattuto (nonostante i Patriots nel 2007, la squadra probabilmente più forte nella storia del football americano, lo abbiano sfiorato perdendo soltanto al Super Bowl), uno score di 17 – 0. I Dolphins guidati da Griese, che fu sostituito per buona parte della stagione da Earl Morrall dopo un infortunio alla caviglia, strapazzarono i loro avversari trionfando con un perentorio 14 – 0 in regular season, pur dovendo affrontare avversari ostici come ad esempio i Jets, all’epoca davvero una squadra di spessore, degna del palcoscenico della capitale morale degli USA, prima di imporsi di misura su Browns e Steelers ai playoff e concludere la loro trionfale cavalcata, guidata da un ristabilito Griese, contro i Washington Redskins al Super Bowl VII. Tale memorabile gara concluse una memorabile stagione, non certo soltanto perché si disputò al Memorial Coliseum di Los Angeles. Da quella stagione in poi, come narra una leggenda metropolitana ,confermata tra il serio e il faceto dallo stesso Bob Griese, i superstiti di quella stagione si ritrovano per brindare, ogni qualvolta cada l’ultima imbattuta stagionale.
E’ un record destinato a cadere; non è però certo facile replicare un simile risultato, soprattutto perché ora le partite stagionali sono di più. Da tifoso mi auguro comunque che le magliette con su scritto undefeated ’72 restino un must nei negozi di Miami e che gli eroi sportivi di quella squadra possano continuare a brindare, almeno finché ce ne sarà qualcuno in vita.
Don Shula, naturalmente, si aggiudicò nel 1972 il più scontato premio di allenatore dell’anno della storia.
Una carriera indimenticabile
Shula guidò i Dolphins per ben 25 anni, fino al 1995, quando, in accordo con la nuova proprietà della franchigia – quella di Wayne Huizenga, il proprietario della catena Blockbuster che corse seriamente il rischio di far fare ai Dolphins la stessa fine che ha fatto la sua attività – optò per il ritiro. Nella sua indimenticabile carriera vinse due Super Bowl, allenò leggende come i giocatori già citati e Dan Marino e polverizzò numerosi record. Il principale è quello delle vittorie: ben 347. Per tal motivo, l’indirizzo dell’Hard Rock Stadium a Miami Gardens è Don Shula Drive, al numero 347. Nell’arco dei suoi 33 anni da allenatore, Shula ha messo a verbale soltanto due stagioni con record negativo, vincendo una media di 10 partite all’anno.
Nel 1997 è stato introdotto nella Pro Football Hall Of Fame, come gli spettava. Un anno prima, il 25 novembre 1996, il suo nome fu scoperto sul secondo anello dello stadio dei Dolphins, nella Honor Roll di franchigia. Accanto al nome svetta il numero 347, naturalmente. Vicino a quel punto, c’è il lussuoso stand riservato a Shula e alla sua famiglia, quello da cui l’ex allenatore non ha mai smesso di seguire e supportare la sua squadra, finché la salute glielo ha permesso.
La causa della morte non è stata resa nota, nel momento in cui scrivo. Sembrerebbe comunque che non sia legata al nuovo coronavirus. Don Shula aveva 90 anni.
Le mie condoglianze e quelle della redazione, così come quelle dei canali ufficiali dei Miami Dolphins, vanno a sua moglie Mary Anne e i loro 5 figli: Dave, Donna, Sharon, Anne e Mike. Dave e Mike sono due allenatori di football.
Dovunque si trovi ora, siamo sicuri che Shula sia vicino alla grande famiglia dei Dolphins, che gli è estremamente riconoscente.
In fin dei conti le leggende sono eterne e non muoiono mai.
Autore: Mattia Mezzetti
Data di pubblicazione:
POWER RANKINGS
-
NFL 2022 Power Rankings – Week #4
I Miami Dolphins i nuovi leader...
NOTIZIE NFL
-
TNF: i Browns sconfiggono a sorpresa gli Steelers 24-19
Nel Thursday Night Football a Cleveland...
-
DAZEROADIECI Week in Review: Settimana 11
DAZEROADIECI ti racconta la Week 11...
-
Week 11: i Saints sconfiggono i Browns 35-14
Ancora una sconfitta per i Browns,...
-
Seconda W consecutiva: recap di Miami Dolphins vs Las Vegas Raiders
I Miami Dolphins vincono di nuovo,...