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Mi ritorni in mente: speciale Super Bowl
Portiamo indietro la clessidra del tempo e riviviamo, in questo articolo, i Super Bowl giocati dai Chiefs e dai 49ers.
Salve a tutti e benvenuti nella nostra immaginaria macchina del tempo: assicuratevi di aver allacciato le cinture di sicurezza e preparatevi ad un meraviglioso viaggio, in cui rivivremo i precedenti Super Bowl giocati dalle due squadre che stanno per darsi battaglia a Miami e, per prepararci meglio all’avvenimento che stiamo aspettando sin dall’inizio della pre-season, abbiamo pensato fosse interessante intraprendere questo bel viaggio nel tempo. Prima di cominciare ci sembra doveroso fornirvi un piccolo vademecum di come funzionerà questo viaggio: analizzeremo i Super Bowl precedenti giocati da Kansas City e San Francisco, analizzando brevemente i loro precedenti e il loro rapporto con questa partita evento, poiché riteniamo che la storia sia fatta di corsi e ricorsi e che quindi analizzare i precedenti possa fornirci degli utili indizi su come potrebbero andare le cose domenica sera. Divideremo il nostro viaggio in due parti: nella prima andremo ad analizzare i precedenti dei Chiefs, mentre nella seconda andremo ad analizzare quelli dei 49ers, per poi tirare le fila e stabilire chi abbia un migliore rapporto e una maggiore esperienza di fronte a questo incontro-evento e proveremo altresì a scoprire se queste due compagini, oltre ai colori sociali, possano avere qualcos’altro in comune. Preparatevi ad una gita nei meandri del passato, in attesa di scrivere il futuro.
Kansas City Chiefs
I rappresentanti della AFC al Super Bowl numero 54 sono i Kansas City Chiefs che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare guardando al loro palmares, sono una delle franchigie più nobili e storiche di questo sport. Essa infatti venne fondata nel 1960 da Lamar Hunt, probabilmente il magnate NFL più famoso al mondo, che li aveva fondati nella città di Dallas, in Texas e proprio lì voleva farli giocare con il nome di Dallas Texans. Egli aveva fondato anche la AFL, (American Football League) e voleva che questa franchigia ne diventasse una delle più antiche e nobili rappresentanti, ma i Dallas Texans hanno avuto davvero una vita breve in quanto tre anni dopo la loro fondazione, nel 1963, si sono trasferiti a Kansas City, nello stato del Missouri, dove hanno preso il nome di Kansas City Chiefs, nome che tuttora portano. Il rapporto di questa franchigia con il Super Bowl è davvero molto impolverato, in quanto era dal 1970 che la squadra non accedeva ad un grande ballo e, prima di oggi, vi aveva partecipato soltanto due volte, ma entrambe storiche. La prima partecipazione dei Chiefs ad un Super Bowl coincide infatti con il primissimo grande ballo mai organizzato: era il 15 gennaio del 1967 e si giocava al Los Angeles Memorial Coliseum; i Kansas City Chiefs rappresentavano la AFL, (acronimo di American Football League) e dovevano giocarsi il titolo contro i vincitori della NFL, ovvero i Green Bay Packers. Kansas City venne sonoramente battuta 35-10 dai campioni della NFL, che grazie al loro fantastico quarterback Bratt Starr e al loro visionario head coach Vincent Lombardi, (sì, quel Vincent Lombardi, quello da cui il trofeo che si vince trionfando al Super Bowl prende il nome), scrissero la prima pagina della fantastica storia di questo meraviglioso incontro. I Chiefs ebbero comunque l’opportunità di rifarsi in un altro Super Bowl storico, per la precisione il numero 4, datato 11 gennaio 1970, che si giocò in un impianto che adesso neanche esiste più, il Tulane Stadium di New Orleans, dove i Chiefs ebbero ragione per 23-7 dei Minnesota Vikings, grazie al loro superlativo quarterback Len Dawson e al loro head coach Hank Stram, che ebbe così occasione di rifarsi per la sconfitta patita tre anni prima a Los Angeles; si tratta di un Super Bowl storico in quanto fu l’ultimo giocato tra AFL e NFL prima che venisse giocato, a partire dalla stagione successiva, dai campioni della AFC e della NFC. Dopo aver contribuito a scrivere la storia giocando sia il primo che l’ultimo Super Bowl con il vecchio format, i Chiefs spariscono dai radar del grande ballo e non riescono più a rappresentare la AFC nella partita più importante dello sport americano e non ce la fanno neanche quando, nell’aprile del 1993, la società acquistò un vecchio quarterback ormai navigato e dalle condizioni fisiche un pò precarie, che però era molto forte ed esperto e, soprattutto, di Super Bowl ne aveva giocati quattro, vincendoli peraltro tutti e laureandosi MVP in tre di queste quattro occasioni: il suo nome era Joseph Clifford Montana Jr, ma il mondo lo conosceva già con il suo nome abbrevviato, Joe Montana, che aveva vinto quei quattro Vincent Lombardi Trophies con una squadra della NFC che aveva gli stessi colori sociali di Kansas City, ossia i San Francisco 49ers, gli altri protagonisti di questa storia.
San Francisco 49ers
Lo straordinario anello di congiunzione costituito da Joe Montana ci permette di dare continuità al nostro racconto e di introdurre, senza troppo distacco, i rappresentanti della NFC al Super Bowl numero 54, vale a dire i San Francisco 49ers. Questa franchigia ha sicuramente caratteristiche molto nobili, esattamente come la precedente, poiché nasce nel 1946 ed è la prima squadra della west coast americana ad entrare in una major league di football professionistico, per la precisione nella All-American Football Conference che poi, nel 1950, confluì all’interno della NFL. Contrariamente ai loro avversari di questa domenica, i 49ers inizialmente non presero parte a nessun grande ballo, nonostante fossero una delle franchigie più antiche e ci volle un bel pò di tempo prima di vederli ad un Super Bowl, ma quando iniziarono a parteciparvi quasi non smisero più, introducendo nel football il concetto di “dynasty”, divenendo la squadra della NFC più titolata nella storia assieme ai Dallas Cowboys e facendo registrare un impressionante ruolino di marcia costituito da 5 successi su 6 Super Bowl giocati. La storia della dinastia di San Francisco comincia nel 1982, anno da ricordare per lo sport italiano, poiché in estate la nostra nazionale di calcio si sarebbe laureata campione del mondo negli incredibili mondiali di Spagna ’82, ma ancora prima e precisamente il 24 gennaio, un quarterback di origine italiana guida i suoi San Francisco 49ers alla vittoria nel Super Bowl numero 16, sconfiggendo i Cincinnati Bengals per 26-21 al Silverdome di Pontiac, nello stato del Michigan e prendendosi anche il titolo di MVP della serata. Quel quarterback nient’altri è che Joe Montana, che si prende la copertina di questo viaggio e che fa iniziare una serie di successi davvero pazzesca per la sua squadra, grazie anche all’eccellente lavoro dell’head coach Bill Walsh. Tre anni dopo infatti, ovvero nel 1985, riecco i 49ers e la premiata ditta Montana-Welsh al Super Bowl 19, giocato il 20 gennaio nel catino della Stanford University in California, dove i 49ers batterono 38-16 i Miami Dolphins, in quello che sarà per sempre ricordato come il Super Bowl del grande duello, presentato con toni quasi da rumble in the jungle, tra Joe Montana e Dan Marino, i due quarterback che in quel periodo si contendevano la supremazia della NFL. Montana stravinse quel duello con il rivale di sempre e si prese ancora una volta la palma di MVP, dando agli addetti ai lavori e a tutti gli spettatori del mondo un segnale piuttosto inequivocabile su chi fosse il miglior quarterback in circolazione. Non ancora completamente appagata, la coppia Montana-Welsh si presenta quattro anni dopo, nel 1989, nuovamente al grande ballo numero 23, che si giocava a Miami (esattamente come quello di domenica, solo che all’epoca lo stadio di casa dei Dolphins si chiamava Joe Robbie Stadium), il 22 gennaio e dove ad aspettarli c’erano nuovamente i Cincinnati Bengals, in un remake del Super Bowl datato 1982 e il Super Bowl numero 23 finisce esattamente come quello di sette anni prima, ossia con il trionfo, (20-16), dei 49ers che salirono così a tre successi ma con l’unica differenza che questa volta non fu Joe Montana l’MVP della serata, ma il suo wide receiver Jerry Rice, il quale fu comunque perfettamente assistito dal quarterback italo-americano. Un anno dopo quel trionfo i 49ers si ripresentarono al Super Bowl, però con una differenza sostanziale: Bill Walsh, head coach tri campione e campione uscente non allenava più i 49ers, che lo avevano rimpiazzato con George Seifert, il quale comunque portò avanti il lavoro e le idee del suo predecessore e i risultati furono sin da subito esaltanti. Infatti il Super Bowl numero 24 vide il quarto trionfo in quattro presenze per San Francisco, che il 28 gennaio del 1990 al Louisiana Superdome di New Orleans, sconfisse in una vera e propria landslide, suggellata da un nettissimo 55-10, i Denver Broncos e regalando il terzo titolo di MVP a Joe Montana, il quale confermò di essere il vero elemento alla base dei successi della franchigia californiana. I 49ers dovettero salutare il loro eroe nel 1993 quando egli decise di trasferirsi, come abbiamo già detto, proprio ai Kansas City Chiefs, ma il buon George Seifert non si perse d’animo, anche perché sapeva di avere del buon materiale umano e tecnico su cui lavorare e, infatti, non passò molto tempo prima di rivedere nuovamente i rosso-oro al Super Bowl: il 29 gennaio del 1995 infatti, i 49ers tornarono al grande ballo, nuovamente a Miami, nuovamente nello stesso impianto di sei anni prima, ma stavolta c’era da affrontare il primo Super Bowl senza Joe Montana e soprattutto gli avversari lo rendevano davvero speciale, in quanto si trattava di giocare un vero e proprio derby della California contro i San Diego Chargers, che ora si sono stabiliti a Los Angeles, ma all’epoca erano a San Diego. Nonostante tutte queste difficoltà, San Francisco fece registrare la quinta vittoria in altrettante partecipazioni, battendo i rivali 49-26 e regalando il primo Vincent Lombardi e il primo titolo di MVP a Steve Young, il “nuovo” Joe Montana. Purtroppo per i 49ers, Steve Young non fu in grado di ripetere gli exploit del suo predecessore italo-americano e la favola di San Francisco si interruppe lì, poiché da quel giorno la franchigia californiana non fu più in grado di affermarsi e la dinastia venne superata, almeno in termini di vittorie, da quella dei New England Patriots di Tom Brady e Bill Belichick. I 49ers comunque presero parte ad un altro Super Bowl che, per la cronaca, non fu affatto il vostro abituale Super Bowl: era il 3 febbraio del 2013 e si giocava la 47esima edizione del grande ballo, al Mercedes-Benz Superdome di New Orleans, (impianto che ha sostituito quello in cui Joe Montana aveva vinto per la sua quarta e ultima volta), si affrontavano i Baltimore Ravens e, appunto, i San Francisco 49ers. Già di per sé questo Super Bowl si prospettava molto particolare, intanto perché i due head coach delle due squadre erano fratelli, (John Harbaugh quello dei Ravens e Jim Harbaugh quello dei 49ers), tanto che questa partita venne rinominata Brother Bowl, ma anche perché era il primo grande ballo che si giocava a New Orleans dopo che, nell’estate del 2005, l’uragano Katrina aveva devastato la città. Nonostante tutte queste particolarità, la cosa più strana avvenne nel terzo quarto di partita, quando sul punteggio di 28-6 per i Ravens, lo stadio andò in blackout per circa 35 minuti, (tant’è che un altro modo per riferirsi a quella partita è Blackout Bowl) e, quando la luce tornò, i 49ers sfiorarono la clamorosa rimonta che però non si completò, consegnando alla storia un 34-31 in favore di Baltimora che pose fine all’imbattibilità al Super Bowl di San Francisco, regalando il secondo successo nella storia ai Ravens e il primo e unico titolo di MVP al quarterback dei Ravens, Joe Flacco: evidentemente serviva un Joe per battere San Francisco.
Adesso a voi due
Finito questo incredibile e lungo viaggio nel tempo torniamo ai giorni nostri e rivediamo, in termini di statistiche pratiche e di precedenti storici, cosa ci ha lasciato questo excursus temporale: Kansas City domenica giocherà il suo terzo Super Bowl e i precedenti recitano 1-1, con i Chiefs che romperanno certamente l’equilibrio in cui vivevano da ormai 50 anni, rimane solo da vedere se lo romperanno in positivo o in negativo. Per San Francisco si tratta invece della settima apparizione al grande ballo, con dei precedenti davvero confortanti, che collocano il bilancio totale sul 5-1 e con l’ulteriore conforto di aver vinto entrambi i precedenti Super Bowl giocati a Miami. A far ulteriormente pensar bene i tifosi dei 49ers c’è anche il contesto storico, che se lo si analizza, non sembra diversissimo da quello da cui cominciò tutta la gloriosa storia dei californiani: un allenatore sveglio e ambizioso come Kyle Shanahan, un quarterback italo-americano come Jimmy Garoppolo e un altro giocatore assolutamente talentuoso e carismatico nel pacchetto offensivo, (all’epoca era Jerry Rice oggi è George Kittle), insomma tutto lascia presagire che questo nuovo terzetto possa essere una reincarnazione della filastrocca Welsh-Montana-Rice e tutta la città del Golden Gate Bridge sogna un ritorno agli antichi fasti d’un tempo. Davanti però c’è una squadra che, seppur con meno presenze e meno successi al grande ballo, ha giocato due Super Bowl storici e vuole spezzare un digiuno lungo mezzo secolo e ha tutti gli argomenti per farlo vista l’esperienza del loro head coach Andy Reid, il quale sogna finalmente di vincere un Vincent Lombardi dopo le esperienze a Green Bay e Philadelphia e grazie soprattutto al talento giovane e cristallino di Patrick Mahomes, il quale sogna di diventare il nuovo Len Dawson. Insomma come abbiamo visto ci sono corsi e ricorsi storici che tornano e leggende del passato a cui gli eroi odierni tentano di somigliare, per cui questo viaggio nel tempo che abbiamo intrapreso ci sembra ancora più denso di significati dopo aver analizzato anche il presente: ora resta solo da chiedersi chi scriverà la storia e chi invece si dovrà accontentare di leggerla, ma per scoprire questo dobbiamo avere ancora un pò di pazienza, non molta però, perché domenica sera arriveremo all’ultima fermata del nostro immaginario viaggio tra passato, presente e futuro, prepararsi stavolta a slacciarle quelle cinture di sicurezza, stiamo atterrando a Miami.
Autore: Andrea Bertini
Data di pubblicazione:
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