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LSU, un sogno che diventa realtà
Clemson si scopre battibile dopo 29 vittorie consecutive. I Bayou Bengals vincono la finale della National Collegiate Athletic Association
0 passaggi da touchdown! È l’impietosa statistica del protegé di Peyton Manning. Trevor Lawrence, il principe di Clemson, abdica il titolo di campione, a favore di colui che ha vinto qualsiasi cosa in questa stagione di football collegiale.
Joe Burrow (vincitore di qualsiasi trofeo della stagione, a livello individuale e di squadra) mette la ciliegina sulla torta, che potrebbe essere la famosa King Cake, la torta che si mangia a carnevale, laggiù, nella città dei Saints.
Eppure, c’è qualcosa da raccontare, perché anche Clemson ha la sua doverosa parte di merito. Non perdeva da 2 anni, e l’unica sconfitta, in 2 stagioni, arriva alla finale, contro una squadra che ha sconfitto una marea di squadre da top 10: Texas, Florida, Auburn, Alabama, Georgia, Oklahoma e infine Clemson.
Clemson si scopre battibile
Se non fosse appunto per un QB particolarmente fotogenico, pare che le parole di Paul Finebaum (commentatore della ESPN) siano state profetiche: “Pare che Trevor Lawrence abbia passato l’estate del 2019 a farsi crescere i capelli”. E per come è finita, si può dire anche che sia stato così: e visto il calendario che Clemson ha avuto, comparato con quello di LSU, potrebbe essere che Clemson non abbia pensato ad altro, se non a questa partita. Ci si aspettava di vedere di nuovo una rivincita da parte di Alabama, quasi fosse che il College Football sia sempre stato un affare privato tra loro e Clemson. Ma dopo la caduta in casa dei Crimson Tide, LSU ha tenuto duro fino alla finale.
Clemson, fino alla semifinale di Glendale, nel Fiesta Bowl, ha avuto una sola squadra nel ranking (Texas A&M). Di per se, per cosa abbiamo potuto vedere negli anni, il programma della ACC, che vince la sua Conference da 5 anni consecutivi, non ha nulla da invidiare anche alle altre corazzate più titolate. Eppure non ha potuto nulla contro una squadra che non aveva nulla da perdere, se non la finale stessa.
Tigre contro Tigre
Perché la vera Valle della Morte, in realtà è quella di…? C’è questa diatriba, che scorre tra la Louisiana e la South Carolina, per cercare di convincere gli altri 48 stati su quale delle due università abbia la legittima Death Valley. Il primo conio è legittimamente di Clemson, poi un benzinaio di Baton Rouge, visto l’andazzo delle partite di LSU, disse “una valle di sordi” (deaf valley, ndr).
Sono emersi anche questi aneddoti nelle conferenze stampa che si sono organizzate a New Orleans, antecedenti alla finale del campionato NCAA.
Ma era anche una sfida a distanza tra Joe Burrow (31-49, 463 yds, 5 TD passati) e Trevor Lawrence (18-37, 234 yds, 1 TD corso), tra un figlio della Louisiana trasferitosi in South Carolina come Travis Etienne (15 corse per 78 yards e 1 TD) e Clyde Edwards-Helaire (16 portate, 110 yards).
Le certezze che circondavano il principe si sono dissipate dopo il primo quarto di gara dove, dopo un pareggio momentaneo, e un secondo quarto iniziato con un parziale di 10 a 0, Burrow si mette in cattedra e mette a disposizione 3 segnature. Il secondo tempo è la tesi di dottorato, per uno studente che laureatosi in 3 anni anziché 4 a Ohio State, si iscrive a LSU frequentando un corso online, per concentrarsi sulla sua carriera universitaria.
Di sicuro, Lawrence avrà altre occasioni per tutto il 2020 di dimostrare il suo valore, ma il nuovo sistema di LSU, con l’ingresso di Joe Brady, ha dato linfa vitale ad un dinosauro che si stava estinguendo, e che poi è rinato dalle sue stesse ceneri.
Ed Orgeron, il profeta in patria
Non lo volevano, era considerato una caricatura, un eccellente allenatore difensivo. E niente più: Ed Orgeron, stanotte, ha messo il suo nome accanto a quelli del calibro di Nick Saban, Paul Bryant, Dato Swinney, e tanti altri. Con un piccolo particolare: è forse la reincarnazione di Nereo Rocco, grande allenatore del Milan. Se Rocco, da buon friulano, aveva sempre con se un bottiglione di vino sotto il seggiolino della panchina, Orgeron si è presentato così al primo allenamento stagionale: trangugia senza riguardi 2 lattine di Red Bull, si strappa la maglietta di dosso come faceva Hulk Hogan, e comincia a prendersi la faccia a schiaffi. Poi chiama un ragazzo dai Saints, lo mette a dirigere le danze dei Wide Receiver, e fa in modo che il suo vice sia il più pagato della nazione.
Potrebbe essere la peggior ricetta perfetta, ma funziona: Dave Aranda, prima ancora delle semifinali, riceve un’offerta dall’Università del Nevada-Las Vegas. Ma rifiuta. Joe Brady, il passing game coordinator, riceve offerte da mezza NFL, anche lui rifiuta.
Orgeron tiene a se tutti, e tiene più stretti i collaboratori che potrebbero avere temporanei cedimenti: coach Ensminger ha chiuso il 2019 in lutto, con la perdita della nuora, ma neanche questo ha scalfito la serenità di una squadra che veleggiava, con il vento in poppa, fino alla finale.
Joe Burrow
SEC, Peach Bowl, Heisman trophy, 60 TD in una stagione. Numeri che fanno ingolosire i Bengals, ma che fanno innamorare tutta la Louisiana. Dal delta del Mississippi, fino a Bossier City, Burrow ha fatto innamorare uno stato intero, che con quel numero 9 fa sognare i tifosi dei Saints. Chissà se quel breve incontro con Drew Brees sia servito ad un eventuale, inatteso, insperato ripensamento pre e post Draft.
Si chiude la 150sima stagione del football NCAA: LSU batte Clemson 42 a 25.
Autore: Ruben Novello
Data di pubblicazione:
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