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Sunday Night Football: reportage dal Los Angeles Memorial Coliseum
Ancora una volta una grande esperienza di football NFL, raccontata appositamente per i lettori di Touchdown Magazine con gli occhi di chi c’era al Coliseum per Los Angeles Rams vs. Chicago Bears.
Ancora una volta una grande esperienza di football NFL, raccontata appositamente per i lettori di Touchdown Magazine con gli occhi di chi c’era al Coliseum per Los Angeles Rams vs. Chicago Bears.
Una sfida fra due delle più attese protagoniste del 2019 alla vigilia, una sfida fra due delle maggiori deluse delle prime 10 giornate di regular season. Questo il sottotitolo del Sunday Night Football della Week 11 che ha visto confrontarsi Los Angeles Rams e Chicago Bears al Memorial Coliseum, già teatro delle Olimpiadi del 1932 e del 1984 (e che farà tris nel 2028) e oggi campo di casa dei Trojans della University of Southern California.
Il record delle due contendenti (5-4 per i Rams e 4-5 per i Bears), oltre a riflettere le difficoltà a ripetere i successi del 2018, che aveva visto i Rams rappresentare la NFC al Super Bowl ed i Bears laurearsi campioni della NFC North, non lascia spazio a grandi analisi: per entrambe si tratta di una sfida da dentro o fuori per mantenere accesa la speranza di una wild card per i playoffs.
Si conclude la settimana del Veterans Day, celebrato l’11 novembre come da ricorrenza per l’anniversario della fine della Prima Guerra Mondiale e si parte dopo avere reso omaggio ai veterani, come sempre in maniera spettacolare. Se gli F-16 che, appena eseguito l’inno nazionale, passano a bassa quota sul Coliseum fanno sperare in una serata elettrizzante, il primo tempo in realtà si rivela essere la fiera della noia.
L’attacco dei Bears mostra lievi miglioramenti rispetto alle ultime uscite ma i dolori del giovane Trubisky continuano a farsi avvertire. Nel dubbio di essersi lasciati il peggio alle spalle, ci pensa Pineiro, il kicker che aveva illuso di avere fatto dimenticare Cody Parkey con il field goal vincente nel finale di Denver alla seconda giornata, a fallire ben due calci: per non sapere né leggere né scrivere, prima piazza la palla larga a sinistra da 48 yards, poi larga a destra da 47. Eppure, e ne siamo testimoni, non era certamente una serata ventosa a Los Angeles.
I Rams mettono invece in bella mostra un Todd Gurley finalmente molto coinvolto sia nel gioco di corsa che in ricezione, al punto di dettare i ritmi dell’attacco giallo-blu, a dispetto del fumble nel primo quarto. Se non fosse per le ginocchia fragili, la fluidità della corsa di Gurley, le sue agilità ed esplosività e la sua capacità di sfruttare gli spazi aperti dalla linea, ne farebbero un pretendente permanente a offensive player of the year, con ovvi benefici per i Rams. Jared Goff invece viene chiamato in causa pochissimo nel primo tempo, troppo poco per un QB che ha da pochi mesi firmato un’estensione contrattuale da 134 milioni in 4 anni ma le assenze pesanti tra i ricevitori (oltre a quella prevista di Cook, si è aggiunta quella di Robert Woods a poche ora dal kickoff, costretto al forfeit per non meglio precisati problemi personali) giustificano la tattica di Sean McVay. E malgrado alcuni errori gratuiti (come un intercetto nel primo quarto), quando la linea garantisce protezione Goff dimostra un’encomiabile accuratezza sul profondo, specialmente nella bomba da 50 yards per Cooper Kupp, con cui i Rams preparano il terreno per l’unico TD del primo tempo. 10-0 all’halftime e spazio al concerto di Big Boi per turbare le orecchie dei presenti in una calda serata novembrina non così rara in Southern California.
Si torna in campo per il secondo tempo e i Bears mostrano segni di risveglio sia offensivi che difensivi e accorciano le distanze con un TD da ricezione di Tarik Cohen, sicuramente il più attivo e combattivo dei suoi, limitati come sempre da errori di varia natura in protezione (offensive line), progressioni e presenza nella tasca (quarterback) e drop su passaggi (più o meno) ricevibili (ricevitori). Per quanto chiaramente l’unico elemento offensivo in palla, chiedere corse centrali su 3rd & 1 a Cohen è un po’ troppo. Tuttavia, il play calling di Matt Nagy si dimostra questa sera in linea con le precedenti gare dei Bears, ossia una mediocre raccolta di schemi in parte inadatti al personale a disposizione e in parte prevedibili dalla difesa. Le reali chances di rimonta, infatti, si infrangono probabilmente su un option pitch per David Montgomery (al netto delle magagne della linea, un RB che deve ancora dimostrare le qualità speciali di cui qualcuno aveva tanto parlato) su 3rd & 1 che risulta in una perdita netta di yards. Su questa discutibile chiamata, si esaurisce sia l’inerzia che i Bears avevano costruito nel terzo quarto, sia la residua pazienza dei tifosi dei Bears, accorsi in massa e maggioritari all’interno del Coliseum. Dopo avere passato due ore e mezza a sbuffare fra passaggi troppo lunghi o troppo corti di Trubisky, drop dei ricevitori, placcaggi mancati e il gioco della serata “chi ha visto Khalil Mack?”, infatti, i numerosissimi presenti in casacca “navy and orange”, pur avendo ammirevolmente evitato di scadere nelle contestazioni a Trubisky e Nagy diventate oramai la norma al Soldier Field, hanno iniziato a dedicarsi al dibattito sull’anno prossimo. E quando questo accade prima ancora di lasciare gli spalti, non è mai un bel segno.
I Rams mettono in ghiaccio la partita nell’ultimo quarto con un lungo drive che si corona con il TD del definitivo 17-7, il tutto dopo che l’attacco dei Bears non mostra la benché minima urgenza di accelerare i tempi malgrado le occasioni di rimonta che si sono materializzate a più riprese nel secondo tempo. Anzi, il Sunday Night si conclude con un piccolo mistero, legato alla sostituzione di Trubisky con Chase Daniel nell’ultimo drive dei Bears. Nagy dirà dopo la partita che il QB titolare aveva sofferto un problema all’anca, confermato quest’oggi ma rimane il fatto che la decisione ha suscitato grande sorpresa in addetti e lavori e non.
Vittoria fondamentale per i Rams quindi. La franchigia di Los Angeles, sempre costretta ad inseguire i 49ers e i Seahawks autori finora di una stagione di altissimo livello, mette la freccia e si candida a favorita per il sesto “seed” nella NFC ma il cammino resta comunque lungo ed è vietato abbassare la guardia per gli uomini di McVay. Destino invece segnato per i Bears, che ancora una volta nella storia recente della franchigia non riescono a centrare la partecipazione alla postseason in due anni successivi (l’ultima volta accadde nel biennio 2005-2006). Per Los Angeles, il futuro adesso è rappresentato dalle ultime 6 partite di regular season. Per Chicago, si prospetta invece una lunga fase di profonda riflessione, per ritornare nel 2020 con nuove soluzioni volte a recuperare quell’inerzia che si è infranta sui pali del Soldier Field lo scorso gennaio, nel famoso “double doink” di Cody Parkey contro gli Eagles.
Autore: Federico Aletti
Data di pubblicazione:
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