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AFC 2019: bilancio di metà stagione
L’American Football Conference ha proposto nei mesi di settembre e ottobre allo stesso tempo il meglio ed il peggio dell’intera NFL.
Siamo arrivati al giro di boa. Il tempo vola e, ahinoi, la prima metà di regular season del centesimo anno di NFL è già alle nostre spalle. Quest’anno vi proponiamo l’analisi più approfondita nel panorama del football americano in italiano dei principali temi emersi dopo la Week 9. Tecnicamente siamo oltre la metà, ma abbiamo lasciato che tutte quante le compagini NFL abbiano giocato almeno 8 partite), in considerazione del bye già usufruito da alcune di esse. Per farla breve, siamo a novembre, lo “spartiacque psicologico” che segna l’ingresso nella seconda parte di regular season e la definizione della corsa alla postseason.
Buona lettura!
Primo episodio: AFC
L’American Football Conference ha proposto nei mesi di settembre e ottobre allo stesso tempo il meglio ed il peggio dell’intera NFL. Il meglio, manco a dirlo, lo hanno offerto i New England Patriots. Il peggio è stato rappresentato dai Miami Dolphins per le prime 5-6 settimane ma, dopo tutto il male che si è detto del presunto “tanking” dei Delfini, oggi possiamo affermare che sia rappresentato dalla disfunzionalità de i New York Jets e soprattutto dalle zero vittorie dei Cincinnati Bengals, l’unico team sempre sconfitto nell’intera NFL. E allora partiamo proprio dalla divisione di tre delle franchigie menzionate fin qui, la AFC East.
AFC EAST
I New England Patriots (8-1-0) non sono gli stessi Patriots degli ultimi anni, malgrado la (comprensibile) frustrazione degli appassionati più obiettivi (gli haters li lasciamo da parte) di fronte ad una AFC East che mai, negli ultimi 20 anni, ne ha anche solo lontanamente messo in discussione il dominio incontrastato. Al netto delle saghe intorno alle figure di Antonio Brown e Josh Gordon, la sensazione strisciante intorno ai Pats é che il buco lasciato dal ritiro di Gronkowski necessitasse di qualche toppa un po’ più robusta. Se però Tom Brady e i suoi soci dell’attacco hanno (quasi) dato a vedere di perdere qualche colpo (e 42 anni, perbacco, sono 42 anni…), la grande sorpresa della stagione degli uomini di Bill Belichick è stata senz’altro una difesa ermetica come non si vedeva da anni. Ciò detto, resta vivo l’interesse di vedere questa difesa testata da attacchi più prolifici rispetto a Dolphins, Jets e Bills ed infatti la gara di Week 9 di Baltimora è fresca nella nostra memoria e ci dice che i Patriots non sono invincibili, pur restando obiettivamente la squadra da battere.
Perlomeno, quest’anno la AFC East sta proponendo una delle sorprese stagionali dell’intera NFL con i Buffalo Bills (6-2). Per quanto ancora il processo di crescita di Josh Allen proceda fra alti e bassi, la solidità complessiva della franchigia di Upstate New York ha permesso loro di essere una delle squadre favorite ad una wild card (scordiamoci il titolo divisionale…forse) se riusciranno a mantenere l’intensità difensiva e l’efficienza offensiva sin qui mostrate. Insomma, la Bills Mafia, come è conosciuta la tifoseria dei Bills, può sperare in un futuro più soddisfacente rispetto alla gran parte del quarto di secolo che è seguito alle quattro apparizioni, tutte funeste, al Super Bowl nei primi anni ’90.
Poco c’è da dire invece su New York Jets (1-7-0) e Miami Dolphins (1-7-0). I primi hanno compiuto uno dei maggiori “upset” della stagione, sconfiggendo i Cowboys nel giorno del rientro di Sam Darnold dall’assenza per mononucleosi ma l’inserimento di Le’Veon Bell non ha portato i miglioramenti offensivi attesi e per lo stesso Darnold vale il medesimo discorso accennato per Josh Allen, ossia parliamo di un QB che ha sicuramente gli strumenti per avere successo ma le cui prestazioni sono ancora caratterizzate da grande inconsistenza. Sui Dolphins, invece, è stato doveroso stendere un velo pietoso per le prime 5-6 partite, anche se chi scrive non crede più di tanto alle ipotesi complottistiche sul “tanking” come strategia di una stagione intera. Non dimentichiamoci mai che un giocatore di football scende in campo rischiando la sua stessa salute (di breve ma anche di lungo termine) e pertanto non è un fatto così scontato che si possa giocare a perdere quando si deve assolutamente essere al massimo fisicamente ed atleticamente per evitare gravissimi infortuni. La realtà è che i Dolphins hanno deciso di fare piazza pulita, confidando nel fatto che Brian Flores possa essere per loro ciò che il suo mentore, Bill Belichick, è stato per i New England Patrots e questo ha ovviamente portato alla costruzione di un roster tutt’altro che competitivo. Peraltro, la recente vittoria sui Jets ha evitato l’onta dello 0-16 per l’unica franchigia capace di portare a compimento una stagione perfetta, quella 1972 coronata con il Super Bowl che i ragazzi del leggendario Don Shula si aggiudicarono a spese dei Washington Redskins.
AFC NORTH
La AFC North era indiscutibilmente una delle divisioni più attese, alla vigilia della stagione regolare, per i molti temi associati alle varie squadre in lotta per la leadership.
La squadra che, inizialmente un po’ a fari spenti, si è insediata al comando con discreta autorevolezza sono i Baltimore Ravens (6-2-0), capaci di infliggere ai Patriots la prima sconfitta stagionale proprio durante la Week 9. Per tutti coloro i quali avessero dubitato di Lamar Jackson, questa prima metà di stagione sarà servita sicuramente da lezione. A differenza di altri allenatori che preferiscono ignorare la qualità del materiale umano a loro disposizione se non combacia con la loro teoria offensiva, Greg Roman, offensive coordinator dei Ravens, ha saputo creare uno schema d’attacco che sposa perfettamente la natura di Jackson, che resta quella di un QB corridore, che peraltro ha saputo anche sorprendere con il suo braccio. Roman, del resto, aveva già avuto successo nel disegnare l’attacco dei 49ers di Jim Harbaugh intorno alle qualità di un certo Colin Kaepernick…et voilà, la combinazione di un giocatore, Lamar Jackson, che con la palla in mano è elettrizzante al punto da ricordare Michael Vick, mica uno qualunque, con una difesa sempre ostica da tradizione Ravens, hanno generato una squadra capace di inserirsi nell’élite della AFC.
Un’élite della quale hanno fatto per lunghissimo tempo parte i Pittsburgh Steelers (4-4-0), oggi parenti lontani dello squadrone che ci ha abituato ad essere uno dei principali avversari dei Patriots nel ventennio segnato dal binomio di Bill Belichick e Tom Brady. Chiaramente l’infortunio ad inizio stagione di Big Ben Roethlisberger ha complicato le cose ma la sensazione che si tratti di una stagione transitoria, dopo i divorzi da Antonio Brown e Le’Veon Bell, è forte. Segnali di ripresa di recente non sono mancati ma in questo momento i Ravens hanno un altro passo, anche se gli Steelers devono essere fiduciosi riguardo lo sviluppo di Mason Rudolph, che pur senza sfornare prestazioni sfavillanti, sta facendo esperienza in attesa del rientro di Big Ben e nell’ottica di raccoglierne un giorno l’eredità.
La squadra più discussa della offseason è certamente stata una delle franchigie più disastrate degli ultimi due decenni, i Cleveland Browns (2-6-0). Per quanto chi scrive sia convinto del buon lavoro svolto dal GM John Dorsey nel costruire un roster competitivo ed anche del talento della prima scelta assoluta nel draft 2018, il giovane QB Baker Mayfield, è indiscutibile che i Browns non abbiano scelto il miglior head coach possibile in Freddie Kitchens. Le troppe chiacchiere e polemiche generate dalle “dive” a roster, in primis Mayfield ma anche, tanto per dirne uno noto per la lingua lunga come Odell Beckham, hanno creato aspettative (addirittura di possibile corsa al Super Bowl!) che si sono rivelate un boomerang e che Kitchens non ha saputo controllare a dovere. I Browns non devono cedere alla tentazione, ancora una volta, di pensare di invertire la rotta in una stagione sola. Devono rimettere in carreggiata questa stagione, scegliendo il silenzio rispetto allo sproloquio davanti alle telecamere e al dito isterico nelle reti sociali e sui cellulari, e costruire per l’anno a venire.
Infine, per i Cincinnati Bengals (0-8-0) non c’è tantissimo da dire. L’assenza prolungata di AJ Green, oramai prossimo al rientro, si è fatta sicuramente sentire e la decisione di panchinare Andy Dalton potrebbe risultare in un preannuncio di cambio di direzione nella prossima offseason. Certo è che, a prescindere da come andrà a finire la trasferta di Miami contro i Dolphins alla Week 16, nella top 5 del prossimo draft non mancheranno opzioni molto allettanti per trovare finalmente un franchise QB intorno a cui costruire il futuro. La priorità, in ogni caso, dovrebbe onestamente rimanere quella di non concludere l’annata con un disonorevole 0-16 e di capire se Zac Taylor è il tecnico giusto per ricostruire o se la sua scelta sia stata un errore cui porre rimedio quanto prima.
AFC SOUTH
Pochi dubbi dovrebbero esserci riguardo al fatto che la AFC South sia la divisione più competitiva ed equilibrata dell’intera American Football Conference, pur mancando (forse) di una squadra con le caratteristiche di favorita d’obbligo (o forse proprio per questo).
Gli Houston Texans (6-3-0) si sono reinsediati al vertice della divisione dopo la Week 9 e la sensazione è che sarà fino alla fine una lotta fra loro e gli Indianapolis Colts (5-3-0) per il titolo divisionale. I Texans hanno compiuto qualche mossa importante scambiando future scelte al draft e giocatori per arrivare ad un left tackle di alto livello come Laremy Tunsil e possono contare su uno dei QB-WR combo più temibili della lega in DeShaun Watson e DeAndre Hopkins. A proposito, si dia a Cesare ciò che è di Cesare: giusto, giustissimo vedere in Mahomes il QB del futuro ma parlando di classe dei QB del 2017 (e ritorneremo su questo parlando della NFC…) è giusto riconoscere che anche Watson, che pure ha già patito in carriera da pro un gravissimo infortunio (legamento crociato ginocchio destro nel novembre del 2017), si sta affermando come uno dei migliori QB della lega.
Gli Indianapolis Colts sono subito dietro ai Texans e nel vivo della lotta per la divisione. Sinceramente le sensazioni intorno a loro sono al tempo stesso di sorpresa e di conferma. La sorpresa è la naturalezza, se così si può dire, con cui questa squadra ha incassato il colpo del ritiro di Andrew Luck alla vigilia dell’inizio della stagione. La conferma è che l’head coach arrivato quasi per caso nel tardo inverno del 2018, dopo la clamorosa telenovela culminata nella rinuncia di Josh McDaniels all’incarico offertogli (e inizialmente accettato) di capo allenatore di Indy, sia un vero leader, oltre che una fine mente offensiva. L’ex QB dei Buffalo Bills, riserva di lungo corso dell’Hall of Famer Jim Kelly, ha saputo gestire con grandissima sagacia l’addio inatteso e quasi scioccante di Luck e ha consegnato senza indugi le chiavi dell’attacco a Jacoby Brissett. Non ci dimentichiamo che in molti avevano evocato per i Colts soluzioni improbabili per ovviare alla perdita di Luck e ci resta un pizzico di orgoglio nel ricordare che Brissett, da buon “protegé” di Bill Belichick, è un QB che ha tutto per avere successo, come per ora sta dimostrando.
Alti e bassi a non finire invece per i Jacksonville Jaguars (4-4-0), che non sembrano avere più ritrovato il bandolo della matassa dopo avere letteralmente sfiorato la qualificazione al Super Bowl nel 2017. Certo, i segnali positivi sono arrivati soprattutto dal sorprendente rookie QB Gardner Minshew, scelto al sesto giro da Washington State nell’ultimo draft e capace per la prima metà della stagione di sostituire egregiamente Nick Foles, che peraltro tornerà titolare dopo il bye, alla Week 11. Se Minshew è stata la nota più positive per i Jaguars nel 2019, va detto che coach Doug Marrone forse potrebbe sentire la temperatura della sua sedia scaldarsi progressivamente: i Jags hanno molto talento ma non hanno saputo costruire per niente sulla scorta di una grande stagione 2017 e il cambio sulle sidelines, a meno di clamorose svolte nella seconda metà di stagione, potrebbe essere una forte tentazione per Shahid Khan, proprietario della franchigia di Jacksonville.
Infine, i Tennessee Titans (4-5-0) sono certamente fra gli enigmi di questa annata. Grandi alti e bassi come squadra e come singoli, “vittime” dell’incapacità dell’aspirante franchise QB Marcus Mariota di trovare costanza ad alti livelli e costretti a ricorrere a Ryan Tannehill, ex QB dei Dolphins, anch’egli ex prima scelta al draft qualche anno prima di Mariota (Tannehill nel 2012, Mariota nel 2015). Il tutto senza però risultati particolarmente significativi. I Titans danno l’impressione di potere giocarsela (come fecero due anni fa, con qualificazione ai playoff da wild card e grande vintoria in rimonta a Kansas City prima di soccombere ai Patriots) ma poi trovano sempre qualche difficoltà che Mike Vrabel, il loro capo allenatore al secondo anno, non ha ancora saputo risolvere.
AFC WEST
E non c’è dubbio che ad Ovest i protagonisti più attesi fossero e siano ancora i Kansas City Chiefs (6-3-0), ritenuti da molti l’alternativa più credibile ai Patriots. Le grandi aspettative per i Chiefs erano e sono alimentate soprattutto dall’ascesa allo status di superstar del loro giovanissimo condottiero, Patrick Mahomes. Purtroppo per i Chiefs, l’infortunio (fortunatamente meno grave di quanto inizialmente apparso) che Mahomes ha sofferto durante un incontro di Week 7 a Denver ha rappresentato un imprevisto piuttosto ostico. Tuttavia, è giusto anche riconoscere al suo sostituto Matt Moore di avere fatto il massimo per non fare rimpiangere troppo Mahomes e, ovviamente, grande credito deve andare a quel guru offensivo che risponde al nome di Andy Reid, per avere saputo aggiustare l’attacco in presenza di un QB molto meno talentuoso di Mahomes. Risultato: i Chiefs sono rimasti a galla, pur perdendo in casa contro Green Bay e di conseguenza mantengono vive le speranze di correre per il seed #2 in vista dei playoff AFC, pur sapendo che i Ravens in questo momento hanno forse un’inerzia più robusta in tal senso. Una cosa è certa: Mahomes o Moore, la difesa dei Chiefs deve necessariamente migliorarsi nelle prossime settimane se si vogliono salvaguardare le chance di titolo a Kansas City.
La AFC West propone anche due sorprese a livello dell’intera lega: positiva gli Oakland Raiders (4-4-0), negativa i San Diego Chargers of Los Angeles (4-5-0).
Per quanto riguarda Oakland, finalmente il lavoro di Jon Gruden sta iniziando a dare i suoi frutti. La relazione fra il coach e David Carr sembra essere migliorata rispetto al 2018 e la produttività e le statistiche del QB lo dimostrano. Una delle prime scelte del draft di quest’anno, il RB Josh Jacobs da Alabama, ha portato grande esplosività nel gioco di corsa, rivelandosi complementare a Carr ed evitando che il peso dell’attacco versi interamente sulle spalle del QB. Restano ancora tante cose da migliorare ma si può anche dire che una delle situazioni che più hanno giovato ai Raiders sia stata la conclusione della telenovela Antonio Brown prima dell’inizio della regular season. I Raiders sono una squadra in ricostruzione e da un veterano hanno bisogno di big plays e leadership. Probabilmente i primi, che AB può offrire, non compensano la totale mancanza della seconda.
Discorso opposto invece per i Chargers. Dopo la bella stagione 2018, le aspettative erano sicuramente alte per i ragazzi di Anthony Lynn ma le cose si sono messe male sin dall’inizio, anche se le ultime due, importantissime vittorie, a Chicago e in “casa” sui Packers hanno un po’ raddrizzato la situazione ed i Chargers possono ancora nutrire qualche residua speranza di postseason, se riescono a dare continuità al proprio risveglio nelle ultime 7 partite di regular season. Di sicuro, scriviamo “casa” virgolettato perché la totale assenza o quasi di pubblico amico a Carson, in uno stadio che non arriva ad una capienza di 30 mila posti, rappresenta un handicap significativo per Philip Rivers e compagni. Facile criticare da fuori l’inizio lento dei Bolts ma, forse, bisognerebbe domandarsi se le cose non sarebbero più facili se per loro esistesse un fattore campo. Chi vorrebbe giocare 16 partite in un ambiente che, a prescindere dalla località, che sia Carson o qualunque campo in giro per gli US (o a Londra), ti fa sentire sempre in trasferta?
Infine, veniamo ai Denver Broncos (3-6-0) di Vic Fangio. Non poche sono state le critiche nei confronti del neo-capo allenatore, da qualcuno ritenuto uno dei migliori defensive coordinator nella lega ma inadatto al ruolo di head coach. Nondimeno, le critiche non sono affatto mancate all’indirizzo di John Elway per avere firmato Joe Flacco in free agency, ritenuto cotto e stracotto. Al netto di tutto questo e pure considerando una difesa che, a dispetto della presenza di Fangio non è sembrata certamente impenetrabile, bisogna però dire che i Broncos hanno perso più di una volta nel finale e con un po’ di sfortuna. Il record forse è veritiero ed è giusto che a Denver si abbia la pazienza di ragionare su un progetto di ricostruzione almeno (almeno!) biennale ma al tempo stesso, bisogna anche riconoscere che, se i Broncos avessero un record di 5-4-0, non avrebbero rubato niente.
POSTSEASON PREVIEW
Chiudiamo con le nostre previsioni dell’ordine dei “seed” per la postseason:
- New England Patriots
- Baltimore Ravens
- Kansas City Chiefs
- Indianapolis Colts
- Buffalo Bills
- Houston Texans
Autore: Federico Aletti
Data di pubblicazione:
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