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In picchiata
Seconda amara sconfitta per i Miami Dolphins. I Patriots passeggiano nell’afa della Florida, imponendosi con un perentorio 43 a 0.
La partita contro i New England Patriots è stata la peggior sconfitta registrata dai Miami Dolphins… da una settimana a questa parte.
Meglio sdrammatizzare al termine di una partita che ha poco senso commentare, dal momento che è terminata 43 a 0. Proviamo a parlarne ugualmente, nelle prossime righe.
Inizio incoraggiante
Nonostante il tremendo divario tra le due squadre sul campo di un – visibilmente provato – Hard Rock Stadium, sul cui terreno poche ore prima della partita di NFL si erano fronteggiate le due squadre dei college della Miami University e di Beth Cookman, i primi due quarti del match tra Dolphins e Patriots non sono stati a senso unico come sarebbe stato lecito aspettarsi.
La differenza tra le due franchigie è infatti nettissima, tanto che a questo punto della stagione i due team sono il migliore ed il peggiore della lega. La partita inizia con i Dolphins in attacco, pronti via e, esattamente come nella week 1, subito dopo il QB Ryan Fitzpatrick vediamo il punter Matt Haack, per riconsegnare l’ovale agli ospiti. Tom Brady ringrazia e comincia a prendere le misure al suo ultimo gioiello, Antonio Brown; il forte ricevitore numero 17 (ha scelto questo numero di maglia per la sua avventura nei dintorni di Boston) afferra la palla per ben 3 volte solo nel primo drive, un possesso che i Pats finiranno segnando il loro primo TD, grazie ad una corsa breve di Sony Michel. Miami torna in attacco e chiama Haack per la seconda volta.
La difesa dei padroni di casa non si scompone, fa il suo lavoro e costringe gli avversari al punt, grazie ad una buona copertura del CB Xavien Howard, che deflette il passaggio chiave del down, quello dal terzo tentativo. La offense di Miami però continua a non ingranare; nonostante Fitzpatrick prenda coraggio, provando a connettere lungo con il suo WR DeVante Parker, una buona giocata del difensore Patrick Chung, che fa cadere l’ovale delle mani del numero 11 di Miami, e la successiva di Adam Butler, che trascina a terra il QB di casa, costringono Haack a tornare su un campo dove oggi si troverà molto spesso.
I difensori di Miami però non vogliono saperne di mollare, forse perché guardano allo stemma disegnato al centro del terreno di gioco e sulle loro jersey, che in occasione di questa sfida è lo storico delfino con il casco, non il moderno restyling di pochi anni fa, logo che Miami lega a squadre e giocatori leggendari, a stagioni ben più gloriose di quelle a cui assistiamo noi tifosi degli anni 2000, e vogliono onorarlo al meglio. Nel possesso successivo stringono ancora i denti, arrivando addirittura a superare la fortezza innalzata dalla linea che protegge TB12 e a stendere il leggendario QB (in una giocata combinata tra John Jenkins e Tank Carradine); il quale però non è una leggenda solamente per modo di dire e infatti si rialza, infischiandosene del sack e guidando un possesso che, dopo 65 yards in 11 giocate, trova in meta l’ultimo arrivato, un ragazzaccio nativo di Miami che dunque può festeggiare, nella sua città, il primo TD da Patriots: Antonio Brown riceve un passaggio di 20 yards in meta, e aumenta il vantaggio dei suoi, che resterà 13 a 0 dopo l’errore sul PAT di Stephen Gostkowski. Con questo punteggio terminerà il primo tempo, ed ogni parvenza di equilibrio in campo.
Un finale da dimenticare
Forse a causa della stanchezza, la difesa dei Dolphins che stava tenendo a galla una zattera che l’effimero attacco avvicinava sempre più all’abisso, molla la presa, ed è l’inizio della fine per Miami.
In una serie di drive efficaci e lunghi, come nella migliore tradizione del suo stile di gioco, New England infierisce sulla squadra materasso: vanno a segno prima Gostkowski, su un field goal generato da un intercetto di Devin McCourty a Fitzpatrick; poi arriva un altro TD in corsa breve da QB sneak, a seguito di una giocata in cui Brady trova il suo TE Matt LaCosse, che la settimana scorsa contro Pittsburgh non aveva mai ricevuto, su un passaggio da 23 yards, il più lungo di giornata; nei due possessi successivi per Miami, sarà il QB Fitzpatrick ad affossare definitivamente i suoi, tirerà due pick 6 consecutive, una tra le mani di Stephon Gilmore e una tra quelle di Jamie Collins, quest’ultima dovuta in buona parte alla ricezione difettosa di Kalen Ballage, RB chiamato in causa per ricevere come ha fatto molte volte anche il suo collega di reparto Kenyan Drake, il quale non blocca l’ovale, facendoselo rimbalzare tra le braccia e poi nel grembo di Collins, che può lanciarsi in end zone. L’ultima segnatura del match sarà realizzata da James White, in ricezione.
Gli ultimi due drive della partita, per i Fins, saranno guidati da Josh Rosen, che mostrerà la potenza del suo braccio subendo un colpo preoccupante durante uno scramble. A seguito di questo trauma resterà in campo, ma perdendo ogni efficacia, tanto che il suo ultimo passaggio finirà intercettato comodamente da Collins. Al fischio finale sarà 43 a 0, ma la maggior parte dei tifosi di Miami presenti allo stadio lo vedrà dai propri cellulari, poiché quasi tutti i supporters dei padroni di casa avranno abbandonato lo stadio già da diversi minuti, quando il cronometro si fermerà sui quattro zeri. L’aspetto peggiore di questa triste stagione di tanking è proprio questo: vederne i frutti sui tifosi che investono denaro e tempo nel sostenere una squadra che difficilmente avrà la possibilità di vincere qualche partita, quest’anno.
Un paio di statistiche per sottolineare l’amarezza del momento: prima di questa sfida Miami non aveva mai subito uno shutdown (gli 0 punti a tabellone) dai Patriots, in casa; dopo due sole settimane di gioco i Dolphins hanno subito 102 punti, registrando una differenza segnati/subiti di – 92.
Autore: Mattia Mezzetti
Data di pubblicazione:
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