Le sorprese nelle scelte del primo giro successive alla top 10 sono arrivate, oltre che ad ulteriori, immancabili scambi, dalla fiducia accordata a giovani promesse segnalatesi negli anni al college tanto per il loro talento atletico quanto per la loro problematicità fuori dal campo. Eppure, allenatori come Pete Carroll, capace per anni di gestire tante giovani aspiranti stelle all University of Southern California, o come Rex Ryan, del quale tutto può essere detto meno che gli manchino un ego e attributi veramente enormi, sembrano i tipi giusti per gestire due caratterini non facili, come quelli di Bruce Irvin (in foto al primo rookie camp dei Seahawks), dai Mountaineers di West Virginia a Seattle al numero 15, e di Quinton Coples, dai North Carolina Tar Heels ai New York Jets al numero 16. Di tenore opposto, peraltro, scelte come quelle di Chicago, che al numero 19 ha chiamato un giocatore estremamente versatile, ma soprattutto dal carattere e dall’etica di lavoro al di sopra di ogni sospetto, l’ex Bronco di Boise State Shea McClellin. Dato da molti come un giocatore in grado sia di attuare da defensive end che da linebacker, preferibilmente in una difesa 3-4, sarà interessante vedere come si comporterà sulla linea a 4 dei Bears, dalla parte opposta di una superstar come Julius Peppers.
La parte bassa del primo giro è stata caratterizzata da due scelte (benedetti trades!) dei New England Patriots, Jonas Chandler da Syracuse e Dont’a Hightower da Alabama, ambedue in linea con la filosofia di Bill Belichick ed a detta di molti pronti a contribuire già da quest’anno a rinforzare la difesa dei Pats, nonché dall’ennesima scelta di straordinaria saggezza dei Giants. Jerry Reese, il GM che ha architettato la squadra campione in carica, ha infatti portato a New York un RB di belle speranze in David Wilson da Virginia Tech. Destinata a fare discutere invece sarà la scelta del quarterback di Oklahoma State, Brandon Weeden, da parte di Cleveland con il numero 22. Weeden ha 28 anni, avendo giocato a baseball a livello professionistico prima di misurarsi con il football al college in età più tarda della norma. La sua età è stata, ingenerosamente, rivolta contro di lui da alcuni opinionisti e scouts, ma in realtà il dubbio su questa scelta potrebbe essere legato al fatto che Weeden avrebbe potuto essere disponibile a inizio secondo giro (Cleveland disponeva anche della trentasettesima scelta assoluta). I Browns hanno sicuramente scelto un RB di grande impatto quale Richardson con la terza scelta assoluta, tuttavia è scontato che più di qualcuno a Cleveland si chiederà se non si poteva piuttosto portare a casa, insieme a Weeden, il suo straordinario partner d’attacco al college, quel Blackmon finito a Jacksonville, che formava il poderoso tandem Weeden-to-Blackmon nei Cowboys di Oklahoma State.
Pochi sussulti nei giorni successivi al primo, a parte due episodi de segnalare, uno che ha fatto divertire ed uno che ha dato già adito a numerose discussioni. Il ricevitore di Rutgers Mohamed Sanu ha raccontato di aver subito uno scherzo telefonico che gli annunciava di venire scelto dai Cincinnati Bengals al primo giro, con la ventisettesima scelta assoluta. Ironia della sorte Sanu, che per fortuna ci ha riso sopra, è finito proprio a Cincinnati, ma soltanto al terzo giro. Al quarto giro invece, ha lasciato di stucco la scelta dei Redskins, che dopo RGIII non avevano né seconda né terza scelta a disposizione per via del trade con i Rams, di selezionare il quarterback Kirk Cousins di Michigan State. Cousins è visto da molti come un giocatore con il carattere giusto per imporsi, a dispetto di qualche limite atletico. Tuttavia, si ritrova ora “imbottigliato” dietro a Griffin, mentre i Redskins avevano necessità di colmare molte altre lacune. Se Washington non crede al 200% in Griffin ha fatto male a giocarsi il futuro (prime scelte del 2013 e 2014 spedite a St. Louis) per lui, ma non si capisce in ogni caso perché non concentrarsi su altre lacune con le poche scelte disponibili, limitando oltretutto le prospettive di crescita di Cousins, che può sperare soltanto di seguire la parabola di riserve poco celebrate e poi divenute ricchi free agents o protagonisti di scambi dal valore molto rilevante, tipo Matt Schaub, Matt Cassell o Matt Flynn. Peccato solo che non si chiami Matt anziché Kirk…
Dare voti per il draft alle singole franchigie è un’abitudine, che serve a corroborare la visione del draft come un evento mediatico. In tanti però sostengono che i veri giudizi di una classe di scelte possono essere formulati solo dopo tre anni nella lega. Meglio perciò dare il tempo a questi ragazzi per ambientarsi tra i professionisti e dedicarsi con calma ai primi rookie minicamps. Il tempo per capire quali dei nuovi pro si affermeranno come superstars non mancherà di certo.
(Photo Credit: Otto Greule Jr/Getty Images)