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Dieci domande al "grande capo" dei Chiefs Ravenna

Dieci parole con il Presidente dei Capi Indiani. Una nuova stagione è alle porte per i Ravenna Chiefs American Football Team e il suo neo presidente, Daniele Labarile, ci parlerà delle sue aspettative sia per quel che riguarda il futuro della squadra, sia per l’imminente campionato. Questa intervista, inoltre, ci darà la possibilità di evidenziare […]



Dieci parole con il Presidente dei Capi Indiani.

Una nuova stagione è alle porte per i Ravenna Chiefs American Football Team e il suo neo presidente, Daniele Labarile, ci parlerà delle sue aspettative sia per quel che riguarda il futuro della squadra, sia per l’imminente campionato.

Questa intervista, inoltre, ci darà la possibilità di evidenziare e di approfondire la conoscenza di uno sport molto lontano dalle nostre abitudini ma tanto appassionante e coinvolgente per migliaia di persone.

– Quando hai cominciato e cosa ti ha fatto scegliere questo sport?

Ho iniziato nel 1984, avevo sedici anni e c’era il primissimo allenamento della giovanile dei Ravenna Chiefs. Doveva essere solo una prova. Ero soltanto curioso e non conoscevo bene il gioco, ma mi ha appassionato subito. Ho continuato per anni, senza mai provare il desiderio di tentare altri sport. Diciamo che è stato amore a prima vista.

– Cos’è per te il football?

È un’attitudine. Se chiedi ai giocatori, soprattutto i Senior, ti diranno che è uno stile di vita.

E, in effetti, è così. C’è molta disciplina e gli allenamenti, spesso, ricordano lo stile militare.

Devi riuscire ad andare oltre le tue paure: l’avversario, che sembra sempre più grosso di te, ti si para davanti e tu sai di doverlo affrontare e superare per riuscire a vincere. Molto spesso ci riesci perché è quello che vuoi di più in quel momento. Questo, alla fine, t’insegna che i problemi che la vita ci pone davanti, e che spesso sembrano più grossi di noi, possono essere sconfitti, basta solo provarci e crederci.

– Alla fine della tua carriera di giocatore e prima di diventare presidente, sei stato allenatore del Flag, in altre parole dei bambini. Che cosa ha significato per te allenare dei ragazzi così giovani?

Con i bambini per certi versi è facile allenare perché sono molto svegli e assimilano subito quello che gli insegni. L’aspetto difficile invece è la questione educativa. Per quelle due ore di allenamento bisogna essere anche un po’ genitori e spesso sono proprio questi ultimi a chiederci di esserlo. Ci domandano di insegnare ai bambini o adolescenti cosa significa stare in gruppo e come rapportarsi con le altre persone. La squadra del Flag viaggia in un’età tra i dieci e i quindici anni e sappiamo ormai quanto in questa fase i ragazzi siano presi da altre cose come il computer e i videogiochi. Il nostro scopo è fargli apprezzare lo sport e l’importanza di rapportarsi con altre persone.

– Ritieni che sia stata una bella esperienza per te?

Sicuro. Mi ha dato molta soddisfazione vedere i progressivi miglioramenti dei giocatori, sia come persone sia come atleti. Tuttora, ogni volta che ho tempo, vado ad aiutare Tommaso, che oltre a essere l’allenatore del Flag è anche mio fratello. (Ride).

– Hai mai pensato di diventare un allenatore ufficiale?

Onestamente ritengo di non avere le qualità che per esempio hanno lui o gli altri coach. Per i bambini, tuttavia, lo faccio volentieri e do tutto me stesso.

– Che obiettivi hai per quanto riguarda la Dirigenza e la squadra?

Il mio obiettivo maggiore è quello di veder crescere questo settore, oltre che il numero di giocatori. Altra cosa che ritengo veramente importante e che vorrei veder realizzata, è il coinvolgimento di ragazzi più giovani. Non abbiamo ancora una squadra di età intermedia che si inserisca tra i Senior e il Flag ed è proprio questa lacuna che vorremmo colmare. Ci piacerebbe presto avere il vivaio completo.

– Invece la Dirigenza?

Quest’anno, grazie a vari volontari che hanno collaborato, siamo riusciti a coprire alcuni tra i ruoli più importanti della squadra. Ovviamente, vorremmo poter aumentare questo numero, in modo che ogni persona abbia una sola mansione e non sia oberato di lavoro. Purtroppo, il football non è uno sport in cui basta un guardialinee o un arbitro. Già il fatto che servono dieci allenatori fa intuire la complessità dell’organizzazione che sta alle spalle dei giocatori.

– Da poco sono avvenuti vari cambiamenti a livello dirigenziale, quali?

I cambiamenti sono cominciati tre mesi fa quando sono subentrato come presidente a Piercarlo Ricci. E’ stato rinnovato il consiglio direttivo con l’inserimento di tre nuovi membri. Per quanto riguarda il Coaching Staff non è cambiato nulla, ma siamo sempre alla ricerca di nuovi allenatori.

– Cosa ti aspetti da quest’anno?

Spero che i cambiamenti siano salutari e che il nostro desiderio di ampliamento non vada a intaccare la qualità. Solo il tempo potrà dirci se siamo andati nella direzione giusta.

Poi, naturalmente, vorrei che la squadra vincesse il campionato a Ravenna: sarebbe davvero un grosso e bellissimo premio per i ragazzi e credo che li aiuterebbe a credere in loro stessi sempre di più.

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