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Finale di stagione in agrodolce: recap di Dolphins@Bills
Si chiude al Super Wildcard Weekend la stagione dei Miami Dolphins. Il bilancio finale di stagione è positivo oppure negativo?
Nel Super Wild Card Weekend si è conclusa la stagione 2022 dei Miami Dolphins.
Al cospetto di una franchigia decisamente superiore, come quella dei Buffalo Bills, i Fins si sono difesi con le unghie e con i denti e sono stati in partita fino all’ultimo, arrendendosi alla fine soltanto di misura, per 34 a 31 contro un team che per lunghi tratti del match ha addirittura rischiato di perderla. Sarebbe stato un upset clamoroso ma, alla fine, le individualità Bills si sono dimostrate essere troppa roba per una squadra giovane e con un injury report chilometrico come quella proveniente dal Sud della Florida.
In definitiva, potremmo dire che questa sfida sia stata un microcosmo della stagione di Miami: a momenti di grande gioia se ne sono succeduti altri di profondo sconforto. Un’analisi rapida della regular season conclusa la porrò al termine dell’articolo; prima però, saliamo sulle montagne russe rivivendo gli highlights della gara di playoff contro Buffalo.
Emozioni da playoff
Nel gelo di Buffalo, ove quest’inverno se la sono vista davvero brutta dal punto di vista climatico, è una bella giornata soleggiata, l’ideale per una sfida di football valida per i playoff. In attacco partono subito i padroni di casa che muovono la catena dapprima grazie a una penalità di holding chiamata contro Jerome Baker e poi grazie a due fiammate di Josh Allen: la prima firmata Khalil Shakir e la seconda Stefon Diggs. Poi però un fumble del QB prima, e un tentativo troppo supponente di conversione da quarto tentativo poi, causano il turnover on downs e il possesso ospite. Miami fa 3 e fuori non tanto per colpa del rookie QB3, Skylar Thompson, visibilmente emozionato di trovarsi su questo palcoscenico, quanto per un brutto drop di Jaylen Waddle su suggerimento lungo.
Buffalo si rimette subito in moto: 20 yards guadagnate da Diggs, sack di Baker e poi lancione di Josh Alien per il suo numero 14 che vale 54 yards e palla sulle 2; distanza dalla quale non è difficile per Dawson Knox trovare il primo TD della serata. La risposta ospite è pessima perché Dean Marlowe (riserva di Damar Hamlin, che si è ripreso dallo spaventoso infortunio subito 15 giorni fa) intercetta Thompson sulle 23 offensive, distanza dalla quale i due RB di casa, Devin Singletary e James Cook, riescono in un paio di giochi a portare l’ovale in meta. 14 a 0 e partita che pare già finita. Miami però non mollerà.
Mike Gesicki guadagna un primo down e poi il possesso finisce, ancora a causa dei ricevitori: sia Waddle che Tyreek Hill, infatti, non riusciranno ad agguantare la palla che, su due buoni lanci del QB, terminerà irrimediabilmente a terra. Gabe Davis tiene alta l’offensiva di Buffalo, uno scramble di Allen vale il primo down e poi termina il primo quarto. Le statistiche sul possesso sono impietose: su 15 minuti giocati, i padroni di casa hanno attaccato per 11. Nel primo play del secondo quarto, Diggs guadagna un nuovo set di down prima che un gang sack guidato da Christian Wilkins arresti il drive. Tyler Bass, ad ogni modo, sarà in grado di segnare un FG lungo 33 yards e allungare le distanze per i suoi.
Durham Smythe e poi Hill iniziano la reazione ospite, prima che Matt Milano trascini a terra Thompson, che il numero 10 muova la catena, che Carlos Basham trovi il secondo sack di questo possesso e che anche Jeff Wilson droppi l’ovale direzionato a lui. O la palla è una saponetta o gli attaccanti di Miami credono poco alla vittoria, si potrebbe ben dire. Jason Sanders, comunque, riuscirà a mettere Miami a tabellone con un FG lungo 40 yards. Cook converte un primo e poi arriva un big play difensivo: l’intercetto di Xavien Howard che dà il via a una mini-rissa non violenta, comprensibile tra due rivali divisionali in un match così importante. Miami, molto aggressiva, converte da quarto e 8 ma serve di nuovo la gamba di Sanders per segnare un FG.
Buffalo fa 3 e fuori e i Dolphins ci credono di più. Il ritorno sul punt di Cedrick Wilson è notevole, fino alla linea delle 27 offensive. Thompson e i suoi, però, subiscono l’azione della difesa e, di nuovo, occorre un FG. Il vantaggio di tutto ciò è che, per la seconda settimana consecutiva, Sanders non sbaglia un colpo. Dopo un primo down di Knox una palla sporca, destinata a Cole Beasley, si impenna, e Jevon Holland è il più rapido ad approfittarne, agguantandola e riportandola dentro le 20. Secondo intercetto in altrettanti possessi per gli ospiti. Questa volta il TD arriva e lo realizza Gesicki, dopo che Hill aveva accorciato la distanza al goal con una ricezione precedente. Lo stesso ghepardo si farà carico della conversione da 2 punti, segnando lo score sul 17 a 17. Prima del riposo lungo, comunque, i Bills troveranno un’altra segnatura, con un FG di Bass.
Bella partita, brutta conclusione
Altro big play difensivo di Miami in apertura di terzo quarto: dopo un possesso da dimenticare per gli ospiti, chiuso da punt di Thomas Morstead, il blitz di Eric Rowe causa fumble di Allen, che Zach Sieler ricopre e porta in meta per l’inatteso vantaggio Miami. Dopo due primi down di Singletary seguiranno alcuni – orribili – 3 e fuori, a testimoniare un momento di stallo, di confusione, specialmente per i padroni di casa, che gli ospiti non sapranno sfruttare. Probabilmente è proprio in questo frangente che viene decisa la partita.
Su un drive guidato da Thompson arriva una discutibile chiamata di passaggio incompleto, perché la palla viene liberata dalle mani del QB quando stava cadendo. Le immagini paiono confermare che il ginocchio del numero 19 fosse già a terra ma non è così semplice capire se l’ovale fosse già partito o meno. Per uscire dalla brutta situazione che segue il sack di Milano appena descritto, Thompson forza un lancio, impreciso, che viene ricevuto dal CB avversario, Kaiir Elam. La colpa dell’INT è innegabilmente del QB, il quale, non sapendo che fare con le spalle sulla propria end zone, lancia e prega. Non è così però che si gioca in NFL e la secondaria di Buffalo, prontamente, glielo ricorda. Errore veniale, da rookie, eppure ha un impatto clamoroso sulla partita perché da campo corto, Allen chiude il TD con Beasley e riporta i suoi in vantaggio.
Il timoniere di Miami appare ora in bambola – anche a causa della linea che non lo protegge al meglio – e subisce il blitz, che lo costringe a sparacchiare via la palla – come avrebbe dovuto fare anche nel possesso precedente – anticipando un punt. I Bills sono ora centrati sull’obiettivo e, grazie a Beasley e poi a Davis, trovano il TD che consente loro di allungare sul 34-24. In un finale dove Salvon Ahmed e Bradley Chubb, in attacco il primo e in difesa il secondo, ovviamente, saliranno in cattedra per Miami, sarà Jeff Wilson a trovare il TD della speranza, quello del 31 – 34. La sfida, però, non avrà più molto da dire perché la difesa Bills non concederà più grossi guadagni a Miami mentre l’attacco di casa si accontenterà di consumare cronometro.
Alla fine vincono i migliori ma c’è rammarico da parte dei Dolphins, che se la sono giocata senza mai mollare. Qualcuno dice che con Tua sarebbe stata un’altra musica e avremmo vinto, io ne sono meno convinto ma, sicuramente, è stato un peccato che ci siano stati tutti questi infortuni, nel corso della stagione.
I love my Dolphins!! Can’t wait for next season! #FinsUp
— MPL (@FinfanMPL) January 16, 2023
Stato d’animo e prospettive di offseason
Ora che le bocce si sono fermate, possiamo affermare che la stagione di Miami sia stata, nel complesso, positiva. Ciononostante non possiamo certo dirci soddisfatti. Da quando i playoff sono a 14 squadre, i pesi e contrappesi del seeding hanno sempre portato a sconfitte del settimo seed nel wildcard weekend.
A oggi, se ti qualifichi come settimo sarai subito eliminato. Nessuna franchigia è ancora riuscita a sovvertire questa affermazione, Dolphins compresi. Miami aveva possibilità di qualificarsi come quarto seed (ritengo Kansas City, Buffalo e Cincinnati superiori a noi in questo momento) e fino alla fine di novembre nessuno avrebbe pensato che saremmo finiti settimi, perché le proiezioni ci davano ben più alti. Poi c’è stato il collasso di dicembre e la stagione ha preso una brutta piega.
La prima voce all’ordine del giorno, nel lungo – anche lunghissimo ahinoi – cammino di preparazione alla season 2023, deve essere quello di evitare simili blackout.
Come fare? Nel momento in cui scrivo, non sono in grado di prevedere gli spostamenti dei giocatori. Mancano infatti oltre due mesi all’apertura del prossimo league year NFL ed è meglio non intavolare conversazioni in questo periodo (o si corre il rischio di essere puniti, vedere cosa è successo ai Dolphins l’anno scorso), per cui daremo per scontato che l’organico resterà più o meno lo stesso, ai fini di questo paragrafo. Escludiamo però da questo ragionamento i nomi di quei giocatori che considero in partenza, ovvero Cedrick Wilson, Byron Jones e Mike Gesicki tra i titolari, così come Myles Gaskin e Teddy Bridgewater tra le riserve. Naturalmente vi saranno altri spostamenti ma questi mi sembrano i più plausibili.
A mio avviso, Miami deve fare tre mosse prima di qualunque altra cosa:
- Sedersi a un tavolo con Tua e accertarsi che il QB voglia ancora giocare. Se così fosse, dal momento che ha ancora un anno di contratto, sarà lui il nostro QB1 nella prossima stagione. Non gli sarà però subito firmato il rinnovo per il quinto anno (la cosiddetta rookie option) in quanto dovrà dimostrare di saper affrontare una stagione dall’inizio alla fine e farlo da franchise QB. In caso contrario, qualora non avessimo garanzie che Tagovailoa sia in grado di proseguire, o se il giocatore desideri privilegiare la salute e smettere di giocare, scelta che tutti capiremmo, dovremmo muoverci in free agencyperché non disponiamo di scelte al primo giro, nel prossimo draft.
- Accertarsi che Tua, o chi per lui, sia ben protetto. Terron Armstead è un giocatore fondamentale in linea, seppure si infortuni con frequenza. Robert Hunt è sempre più decisivo. Tutti gli altri, a mio avviso, vanno rivalutati in primavera/estate. La NFL è una protection league e le linee sono fondamentali se vogliamo evitare un prossimo futuro ancora contraddistinto da una giostra di QB a causa degli infortuni.
- Disciplinare i propri giocatori. È allucinante che il cambio di capo allenatore ci abbia portato dall’essere una delle franchigie meno penalizzate in lega (gestione Flores) a quella che si vede sventolare il maggior numero di bandiere gialle in faccia (gestione McDaniel). Se oltre che contro l’avversario devi giocare anche contro te stesso, non farai certo molta strada.
Autore: Mattia Mezzetti
Data di pubblicazione:
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