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Bentornata NCAA!
La NCAA ritorna a pieno regime (e con il pubblico a gremire gli spalti) dopo l’antipasto del 28 agosto.
Dopo l’antipasto delle prime cinque gare di Week 1 disputatesi il 28 agosto, il weekend appena trascorso ha segnato il ritorno a pieno regime (e con il pubblico a gremire gli spalti) del grande show del football universitario a stelle e strisce.
Quanto ci erano mancati gli stadi delle università di oltreoceano, le bande musicali (marching bands), l’intrattenimento a bordo campo di cheerleaders e mascotte, gli stadi pieni di gioia e di tante tradizioni così uniche e così appassionanti e, ultimo ma non certo meno importante, quanto ci era mancato il football giocato in questo contesto magico ed appassionante che è il football universitario della NCAA.
La Week 1 ha rappresentato l’avvio di una stagione di grandi cambiamenti per il college football, sia per la transizione verso un nuovo ed ignoto modello dove il denaro non sarà più tanto vile per gli studenti-atleti o almeno alcuni di loro (non che per gli atenei statunitensi sia mai stato vile, anzi), sia per la rivoluzione in atto che ridisegnerà il sistema delle conferences in lungo e in largo per la nazione nel corso dei prossimi anni. Vi racconteremo di più e meglio a tempo debito ma, riassumendo gli eventi più salienti dell’estate, un autentico domino di decisioni a sorpresa ha scosso la struttura dell’ NCAA, fra singole università che hanno intrapreso il processo di cambiamento di conference ed intere conferences che, per fare fronte a questi “traslochi”, hanno immaginato nuove forme di collaborazione rivolte, ovviamente, a non perdersi neanche una briciola dell’immensa torta dei ricavi generati sui gridiron d’America nei sabati pomeriggio d’autunno (e non solo). La prima scossa di un terremoto ancora non del tutto sopito è coincisa con la richiesta (ovviamente accolta) di Texas ed Oklahoma di unirsi nel prossimo futuro alla SEC, che ha simultaneamente rafforzato la conference del profondo Sud degli USA ed indebolito irreparabilmente la Big 12 cui appartengono, ancora per poco le due università in questione, che completeranno la propria adesione alla SEC nel 2025. A questo sisma ha fatto seguito l’avvio di un sorprendente quanto inatteso processo di “alleanza” tra Big Ten, Pac-12 e ACC, che non sarà preludio ad alcun processo di fusione, bensì servirà a definire in futuro un calendario di confronti incrociati fra membri delle tre conferences. Insomma, non c’è che dire: in attesa di capire quali saranno i (fino a 4, secondo i rumors più recenti) nuovi membri della Big 12, il quadro è quello di un riassesto profondo delle cosiddette conferenze “Power 5”. E non si dubiti che i relativi riflessi saranno anche avvertiti dalle altre conferenze meno potenti del panorama NCAA…
Mentre gli eventi fanno e faranno il proprio corso, andiamo a vedere quali sono stati i principali risultati di questa prima giornata di college football, che già offriva vari confronti diretti di altissimo livello, anche in una possibile ottica di aperitivo di postseason. Sicuramente, in questo senso il game più atteso era quello fra Georgia e Clemson. I Bulldogs hanno reso mansuete le Tigers di Clemson nella cornice neutra del Bank of America Stadium di Charlotte, con una prestazione maiuscola specialmente della difesa, che (come si vede per esempio in foto) ha messo ripetutamente sotto enorme pressione il QB di origine samoana DJ Uiagalelei, ossia l’erede che ha raccolto il pesantissimo testimone dalla prima scelta assoluta all’ultimo draft, il neo-QB dei Jacksonville Jaguars Trevor Lawrence. Scosso dai 7 sacks subiti e a dispetto di una prova molto solida anche della propria difesa, il QB di Clemson non è riuscito a guidare l’attacco a segnare punti in una sconfitta per 10-3 che suona come un campanello di allarme da non sottovalutare. Dopo circa un decennio di eccellenza assoluta che ha fatto dei Clemson Tigers gli avversari più coriacei degli Alabama Crimson Tide di Nick Saban per il predominio nazionale, grazie anche alla leadership di due quarterback straordinari come il già citato Lawrence e, prima di lui, Deshaun Watson, Clemson potrebbe vedere messa in dubbio la propria immancabile partecipazione ai playoff, oramai una regola sin dal 2015 e culminata in 4 finali per il titolo nazionale (con un record di 2-2). Questo, a meno che la mano dell’allenatore Dabo Swinney non faccia nuovamente magie e trovi le misure giuste per riscattare il rendimento di una linea offensiva che è stata più che maltrattata, a tratti letteralmente ridicolizzata, dalla difesa dei Georgia Bulldogs.
Grande attesa anche per la sfida tra gli ascendenti Miami Hurricanes e proprio i Crimson Tide, ma Alabama ha dimostrato di meritarsi il primato nella Top 25, imponendosi con un sonoro 44-13 e ricordando a tutti qual è ancora la squadra da battere. Restando in tema di SEC, ha suscitato invece una certa sorpresa il rovescio subito dai Tigers di LSU per mano degli UCLA Bruins per 38-27. Una sconfitta preoccupante per la squadra di Ed Orgeron, che vede a rischio il suo sedicesimo posto nel ranking.
La Big Ten proponeva anch’essa subito una sfida di alto profilo, quella tra Penn State e Wisconsin a Madison, dove i Nittany Lions hanno espugnato la casa dei Badgers per 16-10, dopo che il primo tempo si era chiuso sullo 0-0 tra il dominio generale delle due difese. Tutto regolare per Michigan su Western Michigan (47-14), bella vittoria di Michigan State sul campo di Northwestern (38-21) e qualche brivido di troppo invece per Ohio State sul terreno dei Minnesota Gophers. Dopo avere chiuso il primo tempo in svantaggio, i Buckeyes si sono risollevati chiudendo con un successo per 45-31. La sfida fra due squadre ranked, Indiana (17) e Iowa (18) è stata invece vinta brillantemente dagli Hawkeyes dell’Iowa, con il punteggio di 34-6.
Uno dei maggiori “upset” di giornata è invece arrivato dalla Pac-12 e precisamente dal campo dei Washington Huskies (al 20 nel primo ranking Top 25 di stagione) a Seattle, dove i Montana Grizzlies hanno ribaltato i pronostici, portandosi a casa una vittoria prestigiosa con il punteggio di 13-7.
L’ultimo incontro della giornata è stato infine il Sunday Night game tra i Fighting Irish di Notre Dame ed i Seminoles di Florida State. Una partita emozionante, da montagne russe, quella giocata a Tallahassee, capitale della Florida e casa dei Seminoles e caratterizzata da una storia incredibile, di quelle che solo il football regala. Notre Dame (9 nel ranking) ha gettato alle ortiche un vantaggio di 18 punti nell’ultimo quarto, in cui la rimonta dei padroni di casa si è concretizzata sotto la guida del quarterback Milton McKenzie, entrato a rimpiazzare un inefficace Travis Jordan nel secondo tempo. Gli Irish sono poi riusciti a fare propria la vittoria in overtime ma ciò non toglie nulla ad una storia incredibile, quella di McKenzie, che non giocava dal novembre del 2018, quando militava ancora per i Knights della University of Central Florida. Un infortunio devastante, sofferto in una partita contro South Florida, aveva non solo messo a repentaglio la carriera di McKenzie ma anche la sua stessa gamba destra, che fu “salvata” da una probabile amputazione grazie ad un intervento d’urgenza riuscito a pieno e senza il quale McKenzie non avrebbe certamente potuto pensare di tornare a giocare a football. E anche senza una vittoria miracolosa, il miracolo della salute per McKenzie è ciò che merita in assoluto di essere celebrato oggi.
Per chiudere questo certamente non esaustivo (ma sarebbe impossibile avere la pretesa che lo fosse, alla luce delle decine e decine di partite che si giocano ogni settimana a livello collegiale in USA) riassunto, rivolgiamo lo sguardo a due QB attesissimi e ritenuti fra i favoriti per l’Heisman Trophy. Parliamo dei quarterbacks di North Carolina, Sam Howell e di Oklahoma, Spencer Rattler. Entrambi i giovani signal callers sono apparsi in difficoltà, soprattutto Howell i cui Tar Heels hanno ceduto il passo ai Virginia Tech Hokies per 17-10. Difficile trarre conclusioni definitive prematuramente ma la sensazione è che tanto il ranking dei Tar Heels (numero 10 alla vigilia) quanto le prospettive di Heisman di Howell siano già ridimensionati ad illusioni di prestagione o quasi (forse a conferma che a Chapell Hill, sede della University of North Carolina, i campioni in erba vanno a giocare a pallacanestro e non a fare il quarterback – ogni riferimento a Mitchell Trubisky non è puramente casuale). Per quanto riguarda Rattler e i suoi Sooners, invece, la prestazione non è per niente stata all’altezza del numero 2 nel ranking ma perlomeno il 40-35 su Tulane ha evitato una sconfitta imbarazzante e preservato lo status di Oklahoma come squadra accreditata ad un posto nei playoff.
Autore: Federico Aletti
Data di pubblicazione:
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