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Draft 2020, il giorno dopo: i nuovi Miami Dolphins
Con 14 scelte su 7 giri, delle quali ben 3 al primo, per i Dolphins quello del 2020 è probabilmente stato il draft più importante della storia.
Un’esperienza memorabile
Cala il sipario sul draft 2020. Si chiude una lotteria che ricorderemo a lungo, interamente virtuale a causa dei ben noti disagi connessi alla pandemia COVID-19. Nonostante le premesse non fossero ottime, l’evento à andato davvero bene: c’erano timori dovuti ai problemi tecnici, sempre dietro l’angolo quando si usano piattaforme virtuali; preoccupazioni connesse all’inesperienza di gran parte di GM e head coach, non esattamente abituati a lavorare tramite videoconferenza e si temeva che la formula scelta potesse non appassionare. E’ accaduto esattamente il contrario.
Prima di concentrarci sulle mosse di Miami, alle quali arriveremo in un attimo, riportiamo che questo draft è stato il più seguito della storia. Vuoi per la quarantena che sta bloccando in casa gli Stati Uniti, così come l’Europa, i due mercati principali per la lega; vuoi per l’alto tasso tecnico dei futuri professionisti; vuoi per la grande qualità della diretta; data l’assenza del pubblico la NFL ha ben pensato di riempire gli spazi tra una selezione e l’altra con analisi tecniche di alcuni dei maggiori esperti di draft. Mel Kiper e Daniel Jeremiah, ad esempio, solo per citarne un paio, erano costantemente connessi per analizzare il draft pick by pick, consentendo persino al meno ferrato dei telespettatori di conoscere velocemente ogni singolo prospetto. Naturalmente, la barriera tecnica dovuta alla videoconferenza ha comportato qualche tempo morto di troppo, sicuramente notato dai direttori di ESPN e ABC, le reti televisive che hanno trasmesso l’evento. Eppure l’alto contenuto analitico e la possibilità di ficcanasare nelle case di GM e allenatori, hanno ben controbilanciato il tutto.
Naturalmente tutti ci auguriamo che i futuri eventi siano con pubblico in studio, secondo la consueta formula della lega. Tutti a cominciare dal commissioner Roger Goodell, il quale ha già promesso che tornerà a Las Vegas, città nella quale si sarebbe dovuto svolgere il draft appena concluso, nel 2022 (per il 2021 c’è già un contratto stipulato con il municipio di Cleveland e la franchigia dei Browns) per tenere lì la lotteria dei futuri campioni. Auspichiamo però che la suddivisione della diretta televisiva possa rispecchiare fedelmente quella vista quest’anno, poiché credo che chiunque si sia sintonizzato la abbia ampiamente apprezzata. Per quanto mi riguarda, è stato probabilmente il miglior draft mai seguito, principalmente per il minutaggio dedicato all’analisi tecnica. Ritengo che molti appassionati la pensino esattamente come me.
Un draft promettente
Senza indugiare oltre, andiamo al succo dell’articolo: il draft dei Dolphins.
Abbiamo appena assistito a quello che potrebbe essere stato il più importante dei 54 eventi di selezione cui la franchigia abbia preso parte nella sua rispettabile storia. I Dolphins si sono seduti di fronte ai loro terminali, giovedì 23 aprile, con un tesoretto: ben 14 picks nel corso dei 7 round, 3 delle quali nel solo primo giro. Forti di questa posizione privilegiata, Chris Grier e Miami Dolphins hanno messo assieme un draft pazzesco, a mio avviso. Le scelte non stanno convincendo molto il mondo dei social. Quella sfera, però, è popolata di gente che ne capisce di football esattamente quanto il medio tifoso italiano di calcio ne capisca della sua squadra, o ancor peggio della nazionale. Se dovessimo quantificare questo dato, lo faremmo con un valore prossimo allo 0. Andiamo subito a vedere come invece il front office di Miami abbia messo assieme sette ottimi round, bilanciando con sapienza trade e picks.
Primo round: aspettative soddisfatte ed una sorpresa
Nei giorni precedenti al primo giro Miami, come è solita fare, aveva sparso numerose piste fasulle, per confondere le acque. Prima si era parlato di una infatuazione tardiva per due QB scarsamente avvicinati ai Fins: Justin Herbert e Jordan Love; poi di come Grier stesse aggressivamente cercando un trade up per ottenere una seconda scelta in top 5, oltre alla numero cinque che Miami possedeva grazie al record della scorsa stagione. In realtà, Grier non ha fatto proprio nulla se non attendere comodamente il suo turno e chiamare il giocatore che la maggior parte degli analisti assegnava a Miami, quello che la stragrande maggioranza dei tifosi voleva, eccezion fatta per chi scrive e uno sparuto numero di altri supporters: il QB dei Crimson Tide di Tuscaloosa, dove ha sede l’università dell’Alabama, Tuanigamanuolepola Tagovailoa. Per tutti Tua.
Tra tutti i prospetti chiamati dalla squadra, potrebbe essere quello che mi convince meno. Questo si deve a due fattori. Il primo, sotto gli occhi di tutti, è il suo fisico. Tua ha subito svariati infortuni, durante la sua ottima carriera al college. L’ultimo dei quali, all’anca, subito durante il 2019, è stato molto grave. I Fins si sono detti tranquilli sulla sua condizione fisica e, in effetti, Tagovailoa è apparso in ottima forma recentemente. Si è addirittura fatto sottoscrivere un certificato medico che attesti il suo pieno recupero, per convincere tutti. Il secondo fattore, invece, potrebbe sfuggire ai più. Tua ha giocato in un attacco sontuoso, a tratti inarrestabile. I suoi ricevitori erano Jerry Jeudy e Henry Ruggs III, due fuoriclasse indiscussi, la sua linea era una cortina di ferro e la sua squadra una corazzata schiacciasassi, puntualmente tra le primissime compagini universitarie. E’ molto facile mettere assieme grandi stagioni, quando sei circondato da tutto questo talento. Con ciò, non si vuole certo sminuire un ragazzo che può vantare 87 TD a fronte di 11 intercetti ed una percentuale di completi che sfiora il 70. Considerando che ha lanciato per 7442 yards, con una media di 10.9 yards per tentativo, il suo passer efficiency rating raggiunge quota 199.4. Se cercate qualcuno con un valore più alto, non lo troverete; Tua detiene il record NCAA. Di 24 partite da titolare ne ha vinte 22, anche per merito dei suoi compagni, naturalmente, come si diceva. Sono solo numeri ma il football è fatto di numeri.
Qualora Tua riuscisse ad esprimersi al meglio, questa selezione ci renderà felici per i prossimi 15 anni. Qualora però non lo facesse, qualora si dimostrasse un flop, i Dolphins avrebbero fatto un buco nell’acqua notevole, compromettendo forse l’intero draft.
Infatti, subito dopo aver chiamato Tagovailoa, è partita la missione di dargli la maggior protezione possibile. Miami aveva infatti un disperato bisogno di linee offensive. Con la loro seconda scelta, la numero 18, hanno dunque selezionato Austin Jackson, tackle offensivo dall’Università della California del Sud. Il ragazzo è molto giovane, compirà 21 anni a maggio, ed è dunque meno affermato rispetto agli altri compagni di reparto presenti a questo draft, i quali sono stati selezionati più alti. Ciononostante dimostra una capacità di rallentare i difensori fuori dalla media, specialmente quando piega le ginocchia per iniziare il bloccaggio. Jackson è rapidissimo in questo movimento. Linea pulita, è ottimo nello shed e, dunque, potrebbe far guadagnare secondi preziosi al suo QB. I tackle sono una posizione chiave, i migliori vanno presi al primo round. Buona scelta di Miami.
I Dolphins possedevano anche la scelta 26 nel primo round ma l’hanno ceduta a Green Bay in cambio della loro numero 30 e di una pick al quarto round. Con la trentesima ottenuta dai Packers, Miami ha chiamato un nome che ha un pò sorpreso: Noah Igbinoghene, un CB da Auburn. Andare a scegliere un cornerback può apparire strano a chi segue i Dolphins, dal momento che il reparto comprende già Xavien Howard e Byron Jones, due dei primi della classe nel loro ruolo, oltre ad altri svariati giocatori aggiunti lo scorso anno. Igbinoghene è però uno slot CB, che a Miami manca, ed è molto orgoglioso del suo ruolo nello special team, cui Flores tiene moltissimo. Il capo allenatore di Miami viene da New England e ha imparato allo corte di Belichick a costruire una squadra dalle retrovie. Una forte secondaria, infatti, può portare a numerosi turnover, dunque a più tempo di possesso. Una vecchia massima degli sport di squadra con palla recita che gli avversari non possono segnare se non hanno in mano (o tra i piedi) il pallone, o l’ovale nel nostro caso. Il CB è un atleta spaziale, figlio di due olimpionici nigeriani, nato e cresciuto con la corsa nel sangue. Ad Auburn era un indiscusso leader difensivo. Come Byron Jones, non ha messo a segno molti intercetti ma, come Byron Jones, è costantemente stata una spina nel fianco dell’attaccante che marcava. Come Byron Jones, si tratta di un CB stellare, perfettamente capace di rendere la secondaria di Miami ancor più il punto di forza di questa franchigia.
Un secondo round… in linea
Al secondo giro le scelte dei Dolphins erano due, ed entrambe sono state utilizzate dalla squadra. Come trentanovesimo assoluto, Miami ha chiamato Robert Hunt, linea offensiva dall’Università della Louisiana di Lafayette. Non ci è dato sapere se in questo slot si sarebbe preso D’Andre Swift, RB da Georgia, chiamato poco prima. Non è comunque con i se che si fa la storia, e comunque Hunt è un grande prospetto. Per descriverlo secondo le parole di Mel Kiper: “Molto fisico sul gioco di corsa, sa distruggere i difensori al punto d’attacco.” Hunt è esattamente quello che ti aspetti in un protettore sulle corse, sa essere devastante e potente, grazie al suo fisico prestante, a dir poco. Fortunatamente, Hunt ama il basket e ci ha sempre giocato, dunque alla stazza aggiunge anche un buon atletismo. Il ragazzo sa giocare guardia e sa giocare tackle. Fisico e versatile, Hunt possiede ambedue le caratteristiche che Flores cerca nei suoi giocatori.
Come numero cinquantasei, i ‘Fins sono tornati dall’amico Nick Saban, allenatore di Alabama ed ex head coach della franchigia del Sud della Florida. Questa volta per pescare un difensore, una linea per esser più precisi, Raekwon Davis. Nonostante giochi in difesa, molti dei suoi tratti coincidono con quelli di Hunt. Anche Davis, infatti, ha un fisico prestante; alto e con delle leve molto lunghe, l’ex Crimson Tide è in grado di giocarsela con tutti, a volte resistendo anche a raddoppi portati dalla linea d’attacco. Versatile all’estremo, a seconda delle esigenze Davis può giocare nose tackle, può giocare intermedio o anche esterno, non ha alcun problema a schierarsi in un ruolo piuttosto che nell’altro. Naturalmente, ciò significa anche che è meno specializzato di altri in ogni singolo ruolo, è questa è l’altra faccia della sua medaglia. Per tal motivo, probabilmente, numerosi scout lo davano più basso della selezione numero 56. Evidentemente, però, Grier e Flores si sono fidati di lui, lo facciamo anche noi consapevoli che il capo allenatore di Miami è perfettamente capace di tirare fuori il meglio dai suoi difensori, come ha dimostrato quando lavorava per i Patriots.
Il terzo round
Al terzo giro, Miami possedeva una sola scelta, la numero settanta. Con tale chiamata, si è scelto Brandon Jones, dell’Università del Texas. Jones gioca S, e potrebbe entrare in rotazione da subito, alternandosi con Bobby McCain e Eric Rowe, nonché con il suo omonimo Byron, il quale probabilmente giocherà numerosi snap come safety, ruolo che è capacissimo di svolgere, oltre al suo naturale di CB. Oltre a ciò, farà sicuramente parte dello special team. In Texas ha bloccato un punt e lo ha ritornato per un TD. L’ex Longhorn è un enorme studioso del gioco, tanto che per meglio prepararsi al draft si è fatto mandare il film difensivo di tutte e 32 le squadre della NFL. Durante il recupero da un infortunio alla spalla e la quarantena da coronavirus, ha approfittato per esaminare ed analizzare le difese dei suoi futuri compagni ed avversari. Titolare per 3 anni, Jones ha messo a segno 198 tackle. Nella scorsa stagione, prima di infortunarsi alla spalla, ha forzato una fumble, realizzato un sack e intercettato 2 passaggi. La safety da Texas Uni potrebbe arrivare con un discreto vantaggio sulle altre matricole, avendo già visionato il filmato della complessa difesa a schema multiplo impiegata da Brian Flores.
Quarto round: ancora più profondità
Non paghi dell’iniezione di giovane talento nella linea offensiva, i Dolphins hanno continuato sulla stessa strada anche durante il quarto giro, il primo tenuto sabato. Nel quarto round Miami aveva due scelte ma le ha scambiate entrambe per la selezione di Houston. Per la cronaca, quella pick era originariamente dei Dolphins ma fu poi ceduta ai Texans nel blockbuster trade dello scorso settembre, quando, pochi giorni prima del semaforo verde della nuova stagione, i ‘Fins spedirono Laremy Tunsil e Kenny Stills in Texas. Ritornata proprietaria di quella chiamata, Miami l’ha impiegata per garantirsi i servigi di Solomon Kindley, guardia dall’università della Georgia. Kindley è una grande linea; soprannominato The Big Fish per via del suo passato da bagnino, è un profilo ideale per i Dolphins. Non solo per il nickname, naturalmente. Ottimo nuotatore e discreto giocatore di basket, Kindley è una montagna. L’ex Bulldog sa bloccare bene sia in azioni di corsa che di passaggio, accanto alla sua fisicità da vero duro della linea, Kindley dispone di abbastanza finezza per il cut-off e le sue lunghe braccia gli danno una grande reach. In sostanza, The Big Fish ha tutti i tratti della grande guardia, non resta che vedere se riuscirà ad essere così efficace nella NFL.
Quinto round, finalmente un RB
Il grande assente dei primi giri dell’ultimo draft, per i Dolphins, è stato un RB. Considerando la pessima stagione avuta dagli interpreti di quel ruolo nella scorsa stagione, era necessario fare qualcosa. In Free Agency, ricorderete, è arrivato Jordan Howard, valido acquisto. Dal momento però che quasi nessuno si aspetta di rivedere in campo Kalen Ballage, giocatore ampiamente insufficiente l’anno scorso, quando avrebbe dovuto prender per mano la squadra, era necessario trovargli anche un secondo. Ebbene, Miami ha fatto proprio così, durante il quinto round. Il nuovo runner non è però un prospetto del college, bensì il giocatore dei San Francisco 49ers, Matt Breida, il quale giungerà in Florida in cambio di una scelta al quinto round, di cui i Niners hanno usufruito sabato. La quinta scelta usata dai californiani è quella che Arizona concesse ai ‘Fins in cambio di Kenyan Drake. In definitiva, è come se si fosse scambiato RB per RB.
Immediatamente dopo aver acquisito Breida, Miami ha speso la scelta numero 154 per Jason Strowbridge, DE da North Carolina. Strowbridge, nato a Deerfield Beach, si e no 40 minuti di automobile da Miami Gardens, è cresciuto all’Hard Rock Stadium, dove era solito andare a vedere quei Dolphins di cui ora fa parte. Leader carismatico e lavoratore instancabile, a detta dei suoi allenatori universitari, il DE è un altro giocatore che può essere schierato liberamente lungo la linea difensiva. In sporadiche occasioni, ha anche fatto il LB. E’ specializzato nel gioco sulle corse, dove può utilizzare al meglio le sue mani per bloccare il corridore. Educatissimo nell’utilizzo delle braccia, l’ex Tar Heel ha una presa d’acciaio. La sua principale caratteristica è proprio questa, la cosiddetta grip strength, la forza con cui riesce a mettere la sua mano sul RB avversario. Sovente Strowbridge ha fermato i corridori che lo affrontavano con una sola mano.
A questa selezione è seguita un’altra trade: in cambio della terza e ultima quinta pick e di una delle loro tre settime, Miami ha ricevuto la scelta numero 164. Tale selezione è stata utilizzata per Curtis Weaver, DE EDGE da Boise State. Weaver viene ricordato dai suoi ex compagni soprattutto per il carattere. Sempre il primo a scherzare e a fare lo sciocco. Accanto a quella dimensione, però, c’è anche quella del leader di tutti i tempi per sack nella Mountain West Conference, cui appartengono i Broncos di Boise State. In 3 anni da titolare, Weaver ha immobilizzato il QB avversario 38 volte. Grande atleta, la caratteristica principale di Weaver è, per numerosi analisti, il sempre difficile da definire Football I.Q. I valori intangibili di questo sport non vengono mai notati da chi non è scout NFL, eppure sono importantissimi. L’intuito per il gioco, per i suoi ritmi e la sua velocità è fondamentale nella carriera di un professionista, soprattutto durante il primo anno, quando occorre imparare un playbook nuovo e considerevolmente più complicato di quello universitario. La coordinazione mani – piedi del ragazzo è eccezionale, tale da renderlo capace di giocare sia contro le corse che contro i lanci, grazie alla duttilità tattica che lo contraddistingue.
Un sorprendente sesto round
La sorpresa, in questo caso, si deve al fatto che sia stato chiamato Blake Ferguson, un long snapper. Il ragazzo, campione NCAA con LSU, è il fratello di Reid Ferguson, affidabile LS che gioca con i Buffalo Bills. Abbiamo parlato di sorpresa non certo per le qualità di Blake, che sono eccellenti: nel corso dei suoi quattro anni con i Tigers è stato capitano, ha mostrato un’ottima abilità atletica ribadita alla combine di Indianapolis, prima che il nuovo coronavirus impedisse lo scouting così come lo conosciamo. Ferguson sa bloccare l’ovale dalla parte del calcio perfettamente, anche su tentativi ripetuti, è in grado di consentire il calcio, o il punt, senza difficoltà.
Miami possiede già un giovane LS, Taybor Pepper, arrivato l’anno scorso dopo l’addio dell’indimenticabile John Denney, veterano di tante stagioni che è stato immolato sull’altare del rebuilding. Con ogni probabilità, Pepper ora verrà tagliato. Nessuna squadra tiene due snapper. In molti sono stati sorpresi di questa selezione, di come i Dolphins non abbiano chiamato alcuno skill player fino al sesto giro. Ad eccezione di Tua, naturalmente. Proprio per questo motivo molti sono rimasti leggermente delusi dal draft di Miami. C’è infatti una tendenza, tra i tifosi di football, a considerare buoni tutti quei draft dove le squadre scelgono attaccanti che fanno vendere i biglietti: QB, RB, WR e TE. Nel football, però, ci sono anche molti altri ruoli, i quali spesso sono esattamente della stessa importanza. Neppure il miglior QB, infatti, sarebbe un campione qualora avesse una protezione inadeguata.
Settimo round e chiusura del draft
Al settimo giro Miami arrivava con due scelte, dopo averne ceduta una a Philadelphia per poter selezionare Weaver al quinto giro.
Di queste due, utilizzerà solo la prima, la numero 246, mentre cederà la seconda a Seattle, in cambio di una sesta scelta al draft 2021. Evidentemente non c’erano altri giocatori che interessavano (e comunque i Dolphins, al momento, presentano un roster davvero ampio) e allora si è scelto di massimizzare il suo valore, guadagnando una pick più alta tra dodici mesi.
Il giocatore chiamato a questo giro è un jolly, un attaccante davvero interessante: Malcolm Perry. Proveniente dall’accademia della Marina Militare e figlio di due marinai, Perry ha giocato come QB con i Midshipmen. Al draft era nella lista dei RB. Perry, all’occorrenza, non disdegna neppure di giocare come WR. In definitiva, il ragazzo sa fare tutto ed è dunque uno di quei coltellini svizzeri alla Tysom Hill, sempre pronto a dare una mano ovunque serva. Dovunque lo si voglia schierare, lo si può fare. E’ difficile prevedere come sarà impiegato, e probabilmente occorrerà vederlo all’opera al training camp per poterne stabilire davvero il valore. Ammesso e non concesso che poi si tengano i training camp, quest’anno. Come tutti i giocatori presi al settimo giro, Perry dovrà mettersi in gioco e dimostrare di che pasta è fatto.
Oltre a questi nomi, i Dolphins chiameranno presto anche qualcuno degli undrafted, quelli che non ce l’hanno fatta ad entrare nella lega dalla porta principale. Spesso alcuni di questi ragazzi si dimostrano grandi campioni e hanno stagioni straordinarie. E’ il caso ad esempio di Preston Williams, il ricevitore che arrivò l’anno scorso ai ‘Fins dopo il draft e divenne il WR1 della franchigia, prima che un infortunio lo costringesse a terminare in anticipo la sua stagione.
Cosa attendersi
Ora bisogna mettere questi nomi in campo. Solo a quel punto, quando i ragazzi avranno indossato casco e armatura, potremo dire chi sarà un titolare, chi una riserva e chi non riuscirà neppure ad entrare in squadra. A tale scopo servono il camp primaverile e la preseason, al termine della quale bisogna ridurre il roster al limite consentito di 54 giocatori per la prossima stagione. Il draft di quest’anno è stato solido e concreto, a mio avviso, con i Dolphins che sono riusciti a dare alle proprie linee, il principale punto debole della franchigia (soprattutto offensivamente), una buona profondità. Data la natura altamente fisica del football americano, non si hanno mai abbastanza linee. E’ inevitabile che numerosi di questi giocatori finiranno per infortunarsi. Per tal motivo, probabilmente, è stata saggia la mossa di privilegiare i grossi ai RB, andando a realizzare un’ottima trade con San Fran per Breida, non certo il mio running back preferito ma un grande giocatore, la cui velocità è ideale accanto alla solidità di Jordan Howard.
Questi Dolphins appaiono molto più competitivi di quelli che hanno chiuso la stagione 2019, ovviamente. Non facciamoci però illusioni, è ancora troppo presto per pensare che le sorti della franchigia possano ribaltarsi. Un rebuilding serio dura qualche anno, solitamente sempre circa 3 stagioni. Per cui dovremmo attendere almeno l’anno prossimo per poter davvero giudicare le ambizioni di questa squadra e le sue effettive possibilità. La strada per poter affrontare ad armi pari i giganti della AFC, che in questo momento si chiamano Kansas City Chiefs e Baltimore Ravens, è ancora piuttosto lunga. Nulla ci impedisce però di goderci il viaggio. Forza Dolphins.
Autore: Mattia Mezzetti
Data di pubblicazione:
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