“Zeke chi?” Così Jerry Jones ha scaldato nei giorni scorsi gli animi dei tifosi dei Dallas Cowboys e, secondo i rumors, suscitato l’irritazione di Zeke Elliott nel suo ritiro personale di Cabo San Lucas in Messico, dove si sta allenando durante l’holdout che lo vede assente dal training camp in virtù della sua richiesta di rivedere i termini del suo contratto. Il vulcanico proprietario-general manager dei Cowboys ha poi altresì specificato di essersi “guadagnato il diritto di scherzare” riguardo a Elliott.
Come stanno le cose in seno alla franchigia texana? Facciamo un po’ di chiarezza numeri alla mano, considerando anche i contratti in scadenza di altri due big quali Dak Prescott e Amari Cooper.
- Qual è il “diritto a scherzare” che JJ si arroga? Jones probabilmente si riferisce all’appoggio incondizionato offerto ad Elliott durante la sua diatriba con la NFL che portò alla sua sospensione per 6 gare nel corso del 2017. Data la predisposizione di Zeke a non tenersi fuori dai guai, tendiamo a comprendere il fastidio della proprietà di fronte all’holdout. Certo, frasi più distensive che non un laconico e quasi sarcastico “Zeke who”? avrebbero giovato a superare lo stallo.
- Zeke Elliott è al quarto anno dei 4+1 del “rookie contract” previsto dall’NFL Collective Bargaining Agreement, il contratto collettivo dei giocatori, per le “reclute” scelte al draft. Il totale, interamente garantito, è 24 milioni e mezzo di dollari, di cui 3,8 da ricevere nel 2019. Se i Cowboys decidessero di esercitare l’opzione “+1”, nel 2020 Zeke riceverebbe circa 9 miloni. Si dice che l’offerta di Jerry Jones lo collocherebbe alle spalle di Todd Gurley (media annua 14,3 milioni) e davanti a Le’Veon Bell (13,1 milioni) come secondo RB più pagato della lega. Il prolungamento dell’holdout a dispetto di questa offerta suggerisce che Elliott ed il suo agente ambiscano al contratto più ricco per un RB, possibilmente intorno ai 15 milioni annui.
- I Cowboys devono anche necessariamente fare i conti con la situazione contrattuale di Dak Prescott e di Amari Cooper. Prescott, all’ultimo anno del suo contratto da rookie (un affarone per i Cowboys, appena 2,7 milioni di cui 2 e rotti dovuti quest’anno), si aspetta un rinnovo dalle proporzioni epocali per potere diventare a pieno titolo QB del futuro a Dallas. Si vocifera di un suo rifiuto di un’offerta da 30 milioni all’anno di media e di richieste che sfiorano i 40. Riguardo a Cooper, il ricevitore ex-prima scelta dei Raiders percepirà nel 2019 poco meno di 14 milioni, prima di diventare free agent. In questo momento, i Cowboys hanno spazio salariale pari a 23 milioni per il 2019 e 57 milioni per il 2020. Non esiste ancora un accordo fra proprietari ed associazione dei giocatori che regola il tetto salariale per il 2021.
- I Cowboys sono stati molto generosi nel remunerare le loro superstars quando queste si sono mostrate dedite al 100% alla causa, vedasi i recenti rinnovi di DeMarcus Lawrence (contratto da 105 milioni/5 anni con 65 milioni garantiti) e di Jaylon Smith (68 milioni/6 anni con 35 milioni garantiti).
Le lezioni da trarre da questa storia sono molteplici. Provando a sintetizzare, senza volerci mettere nei panni di Jerry Jones e del figlio Stephen che sono alle prese con una matassa difficile da dipanare, è semplicemente impensabile che Dak possa seriamente valere 40 milioni/anno ma oggi come oggi è estremamente difficile lasciare il certo per l’incerto quando si parla di QB. Riguardo a Zeke, tutti sappiamo che, giusto o sbagliato che sia, il valore di un RB è diminuito sensibilmente negli ultimi anni e si possono spesso trovare ottimi ed economici RB nei draft di ogni anno. Per giunta, Elliott ha avuto continui problemi disciplinari nei suoi primi tre anni da pro, il che frenerebbe chiunque prima di staccare assegni monstre a suo favore. Infine, Amari Cooper ha mostrato interessanti segni di risveglio dopo il trade con cui Jon Gruden lo ha spedito in Texas, per cui potrebbe forse essere il rinnovo contrattuale più facile da firmare.
In tutto questo, non si può scordare come i Cowboys abbiano una delle linee più forti (forse la migliore?) dell’intera NFL e dunque mantenerla unita e coesa sarà nel futuro una priorità altrettanto importante. Il rendimento di Elliott (e di Prescott) si spiega anche con la qualità della linea offensiva, sicché il dilemma è se valga la pena strapagare le stelle che toccano l’ovale ad ogni snap o quasi oppure ricordarsi dell’importanza dei fanti in trincea. Di sicuro, pur capendo che nel business ognuno tira l’acqua al suo mulino, le pretese avanzate da due giocatori che non sono precisamente al disopra di qualsiasi dubbio (di natura comportamentale Elliott, di natura tecnica Prescott) rischiano, qualora venissero soddisfatte, di erodere significativamente altre posizioni importanti e la profondità stessa del roster dei Cowboys.
Ad occhio e croce, il polso dei tifosi dei Cowboys oltreoceano sembrerebbe indicare una maggiore vicinanza alla proprietà che ai giocatori ma cosa ne pensa la colonia italiana della gloriosa franchigia texana?