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Il significato di “Franchise Qb” dopo 5 giornate
Il “franchise Qb” è l’uomo che dovrebbe essere il simbolo di una squadra, vediamo dopo 5 giornate quale è la situazione attuale.
Il football americano è uno sport straordinario, fatto di un’alchimia perfetta all’interno di un roster di 53 persone in aggiunta ad un coaching staff immenso. Ogni franchigia è un colosso organizzativo e manageriale che dispone di risorse immense e che muove interessi e persone ai più disparati livelli.
Il bello della NFL: la competitività garantita
Il bello della NFL è che, essendo un sistema “chiuso”, può applicare regole facilmente applicabili e condivisibili da tutti i partecipanti. Mi spiego meglio: dato che il campionato NFL si gioca tutto all’interno degli Usa, è più facile far sì che tutti accettino le stesse regole, senza fare i furbi. Regole come le scelte ai draft, la mancata valorizzazione dei cartellini dei giocatori se non via trade, la ripartizione dei proventi della lega e molte altre su cui non mi dilungo, rendono la NFL il regno della competitività (almeno sulla carta) lasciando spazio all’abilità dei management per costruire franchigie competitive in cicli medio lunghi. Il vile danaro non è lo strumento principale per vincere, dato che grosso modo tutte le franchigie dispongono delle stesse risorse. E questo è garanzia di competitività e spettacolo. Cosa che invece sta sparendo da quasi tutti gli sport di massa non di estrazione USA.
Certamente poi il football americano ha i suoi problemi irrisolti che non lo rendono il migliore degli sport possibili (vedi infortuni, malattie di fine carriera, antidoping, razzismo, aggiramento dei salary cap e delle regole di ingaggio a livello universitario, gestione degli atleti fuori dal campo), però a livello sportivo il risultato è davvero apprezzabile. Il calcio ad esempio, così come è strutturato adesso, è un sistema “aperto”, cioè un sistema che coinvolge stati e nazioni diverse e che quindi farebbe molta fatica ad imporre a tutti le stesse regole e per questo si sta progressivamente allontanando da ogni reminiscenza di competitività: far digerire a decine e decine, se non centinaia, di federazioni calcistiche nazionali regole simili anche solo lontanamente a quelle NFL sarebbe impossibile per mille motivi e pertanto il senso sportivo del tutto sta scemando per lasciare spazio solo agli interessi economici.
I cicli vincenti delle squadre NFL
Detto questo, se una persona osserva attentamente la storia delle franchigie NFL vede che più o meno tutte le squadre, a parte casi rari, hanno avuto i loro periodi aurei durati magari anche vent’anni e più, per poi cadere nell’oblio magari per la medesima durata. Ogni squadra, in base alle capacità del proprio management, agli indirizzi della proprietà, agli sforzi di tutto il parco allenatori e giocatori e grazie anche ad un pizzico di fortuna, ha avuto un’alternanza di periodi felici e infelici. Questo forse è il tratto più entusiasmante di tutta la NFL. Solo nei giorni nostri, non si può non sottolineare il dominio dei New England Patriots che da quasi un ventennio sono la squadra più vincente in assoluto. Non saranno certamente molto amati (nemmeno dal sottoscritto), ma non si può negare che il duo Belichick – Brady abbia scritto la storia di questo sport facendo ruotare un’infinità di uomini all’interno dell’organizzazione. I due di cui sopra, pare si odino pure, e probabilmente stanno giungendo al capolinea come connubio vincente, ma hanno reso una franchigia molto modesta nel passato, in una grande potenza a partire almeno da 2000 ad oggi.
Il “franchise” Qb
Lo sforzo per creare un’organizzazione vincente è immenso e richiede anni, senza errori grossolani, e con un pizzico di buona sorte nelle scelte. L’osservazione della realtà mostra un altissimo tasso di difficoltà nel portare nel tempo una franchigia ad essere competitiva ed a rimanerci nel medio lungo periodo. Le cose da fare sono tantissime. Gli aspetti da curare sono milioni. La fortuna ha il suo peso, così come gli infortuni, che in questo sport sono frequentissimi e determinanti, però, a mio modestissimo parere, una regola è rimasta immutata nel tempo e immune da qualsiasi possibile contestazione: senza un “franchise” Qb, non parte nessun progetto!!!
Potrà sembrare una cosa ovvia, ma oggi più che mai, nonostante le mille disquisizioni dei soloni di questo sport, l’assunto di cui sopra resta il credo fondamentale per iniziare a strutturare un ciclo vincente. Passano le stagioni, ma resta questa regola.
Il “franchise” Qb è l’uomo franchigia, ovverosia l’uomo che occupa il ruolo più importante, nevralgico ed affascinante della squadra, e su cui si può fare affidamento per anni. Deve avere mille qualità, ma soprattutto deve essere la roccia in campo e nello spogliatoio a cui aggrapparsi per anni nel procelloso mare della NFL. Solitamente questo tipo di Qb è un giocatore che unisce a doti tecniche non indifferenti, una leadership carismatica non da meno. Senza quest’uomo, ogni progetto resta monco e ogni velleità viene sistematicamente frustrata. E’ la storia che ce lo dice.
Gli esempi sarebbero così tanti nella storia moderna e non (seguo il football americano dai primissimi anni ’80) da far rabbrividire, così mi concentrerò brevissimamente solo sulla realtà attuale legata alla stagione in corso e sulla mia squadra del cuore, i Miami Dolphins.
Raramente una squadra NFL ha una stagione vincente o addirittura vince un Super Bowl, senza un franchise Qb al timone. Succede, è successo (ricordo un impresentabile Trent Dilfer vincerlo coi Bucs nel 2001!!!) e succederà ancora, ma le statistiche dicono il contrario.
Ecco perché se hai un buon Qb devi incominciare ad andare forte perché il tempo ti corre contro: il Qb invecchia e farai una fatica pazzesca a ritrovarlo, quindi devi creare una squadra vincente subito!
Campionato 2018: come stanno i “franchise Qb”?
Partendo da questo assunto ed osservando le prime cinque giornate della stagione, si possono fare alcune riflessioni.
Green Bay e New Orleans ad esempio, hanno sfruttato e stanno sfruttando a dovere i loro fuoriclasse? A mio parere no. Rodgers è un fenomeno, probabilmente il migliore Qb degli ultimi anni, ma sta vincendo pochissimo (1 Super Bowl dal 2008, quando subentrò al mitico Brett Favre) e quest’anno sta prendendo botte su botte, con un parco ricevitori ben indebolito. Si potrebbe fare meglio. I Packers stanno dissipando un tesoro inestimabile e se ne pentiranno amaramente, temo. Gli auguro di continuare il filotto magico di Qb in futuro (dopo Favre e Rodgers) però sarà dura…
Stessa cosa per Brees a New Orleans: un fenomeno così ti passa in franchigia una volta ogni 50 anni, devi sfruttarlo a ogni costo! Anche qui invece un solo Super Bowl vinto dal 2006 e tantissime delusioni fornite da una squadra che in difesa ha sempre dissipato quanto fatto dall’attacco. Magari Saints e Packers avranno una grande stagione quest’anno (non mi pare, per ora, di percepirne le avvisaglie…), ma comunque stanno vedendo finire le carriere di due leggendari Qb franchise, senza averne tratto tutto il massimo possibile.
Altra squadra che mi pare stia dissipando un grande talento sono i Seahawks. Russel Wilson è un grande ed è giovane, ma pare che la sua protezione non sia più una priorità per un team che sta riorganizzandosi dopo i recenti fasti. Male. Torneranno i tempi in cui a fare il Qb c’erano Krieg o Mirer (che pochi conosceranno, ma che erano l’emblema della mediocrità anni fa) e allora saranno pieni di rimpianti!
I Vikings e i Broncos a inizio stagione sono stati criticatissimi per gli ingaggi faraonici concessi a Cousins e Keenum. Sicuramente hanno strapagato i due (soprattutto il secondo, reduce da una sola buona stagione in carriera, iniziata da backup a Minnesota), però come dargli torto: senza un Qb affidabile, non vai da nessuna parte e quindi devi anche sopravvalutare quel poco che vedi sul mercato, se non hai scelte al draft. Cousins è un affidabile timoniere per la corazzata Vikings, Keenum non è un fenomeno, ma ai Broncos non c’erano alternative!
Bills, Jets e Browns hanno avuto la chance del draft e l’hanno sfruttata saggiamente, insieme ai Cardinals.
Hanno fatto bene. Si tratta di quattro franchigie in “rebuilding mode” da anni, reduci da disastri continui e quindi hanno fatto bene a cogliere la prima occasione possibile. Dei quattro rookie non so chi farà davvero strada nella NFL, ma le quattro franchigie hanno fatto bene.
I Rams e i Bears incominciano ad incassare i primi dividendi da Goff e Trubisky, scelti ai draft in anni precedenti. Giusta anche qui la filosofia.
Puoi avere una difesa fortissima, o una linea offensiva tostissima e un halfback coi fiocchi, ma se in regia hai un Qb mediocre, tutta la squadra e l’intero programma risentirà di tale mediocrità.
Guardiamo i Jaguars. Difesa formidabile, ottimo running game con Fournette strepitoso e tante altre belle cose, ma è difficile adeguarsi tutte le domeniche all’incostanza di Bortles.
Altro esempio da antologia sono i Lions: Stafford non è un Qb franchise, ma solo un cannone montato su un corpo umano e quindi negli anni la mediocrità è rimasta tale. Idem per i Redskins, da anni in cerca di un minimo di affidabilità in regia: sembrava tutto fatto con RGIII nel 2012, ma poi è crollato tutto complici gli infortuni e la cattiva gestione del suo immenso talento e allora si è ripiegato quest’anno su un decoroso Alex Smith. Niente di miracoloso, ma almeno hanno un minimo di stabilità nella posizione, aspettando un futuro più radioso.
Flacco, Roethlisberger e Brady sono al tramonto. Seppur a livelli diversi di grandezza, hanno risolto per almeno una decade o più, i problemi delle loro franchigie che presto faticheranno a sostituirli.
Il “caso” Dolphins
Chiudo poi coi miei Dolphins, emblema per eccellenza di quanto sostenuto sopra.
Dai primissimi anni ’70 fino alla fine degli anni ’90 sono stati una squadra vincente, grazie a un’organizzazione vincente, un allenatore vincente Shula, e Qb stellari come Griese e il mitico Dan Marino (colpa sua se tifo per i delfini!).
Sicuramente se uno come Dan Marino non ha vinto nulla, qualcosa si sarebbe potuto gestire meglio (ricordo anni in cui il running game era pressochè inesistente), ma almeno due apparizioni al Super Bowl e una presenza quasi fissa ai playoffs ci sono stati.
Ritiratosi Marino, il nulla è piombato a Miami e perdura da quasi vent’anni.
Passano le proprietà, passano i coaching staff e passano i giocatori, ma la regola del Qb franchise viene sistematicamente ignorata. Le cause saranno sicuramente molteplici, ma vogliamo vedere la lista di Qb degli ultimi vent’anni? No, non lo voglio fare perché sono nomi che ho cercato di dimenticare a parte Chad Pennington che nel 2008 si “inventò” la migliore stagione della sua carriera portandoci ai playoffs dopo secoli, prima di essere fermato dagli infortuni.
Inspiegabilmente, una delle franchigie che più di altre ha tratto giovamento in passato da grandissimi franchise Qb, ha cessato di cercarli, nella vana convinzione di poter risparmiare sul Qb per rinforzare il resto del roster. Errore marchiano e ripetuto, sconfessato una volta di più nella storia recente quando nel 2015 si è preso Ndamukong Suh il giocatore difensivo più pagato della storia, anziché investire quei soldi su un franchise Qb. I risultati sono sotto gli occhi di tutti!
Quando i Dolphins si sono decisi a buttarsi seriamente sul draft, hanno scelto l’anno sbagliato, il 2012 e col pick n.8 hanno pescato il signor Ryan Tannehill per disperazione. Me lo ricordo bene quel draft! Il talento nel ruolo di Qb c’era eccome, ma solo in due giovani ragazzi: Andrew Luck e RG III. Che infatti furono il pick n. 1 e 2. Poi non c’era più nulla. Uno come Tannehill non avrebbe mai dovuto vedere i primi due giri del draft perché al college non aveva dimostrato nulla, ma la disperazione a Miami era tanta! Ed è rimasta tanta, perché la mediocrità di Tannehill pervade tutta la squadra, sempre, e finchè ci sarà lui al timone, tutto proseguirà su questa triste falsariga.
Il coach di Miami, Adam Gase, lo ama perché Tannehill, conscio della sua mediocrità e della buona sorte che lo ha reso un uomo ricco e titolare nella NFL (in condizioni normali avrebbe potuto aspirare al massimo al ruolo di backup in una franchigia), è un burattino docile, non riottoso, che si fa guidare mano nella mano dal coaching staff.
Pochi giorni fa, Armando Salguero sul Miami Herald Tribune (quotidiano di Miami) ha pubblicato delle statistiche agghiaccianti il cui senso era: più Tannehill lancia, più Miami perde! Meno yards Tannehill conquista sui lanci, più Miami vince. E’ questo un franchise Qb?
Autore: Stefano Deola
Data di pubblicazione:
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