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Tornare a vincere per dimenticare: Miami @ Cincinnati preview
I Dolphins sono chiamati al riscatto, dopo la brutta prova contro New England, ma dovranno vedersela con dei Bengals in buona forma e determinati.
Con il primo quarto di stagione già alle spalle, ci troviamo di fronte ad un turno davvero importante per la NFL e, nella fattispecie, per i Miami Dolphins. La squadra arriva bene, seppur non benissimo, alla sfida di questa settimana.
Bene perché un record di 3 – 1 è assolutamente positivo a questo punto, vale la prima posizione in division e conferma come nel mese di settembre siano state fatte diverse buone cose. La squadra è apparsa compatta, solida, in grado di portare a casa vittorie anche in situazioni non troppo facili, come ad esempio in una partita come quella contro i Raiders. Non benissimo, però, perchè la doccia di domenica scorsa è stata gelata. Si pensava di poter andare a Foxborough e metter fine alla terribile serie di partite a quelle latitudini (i Dolphins al Gillette sono 1 – 15 da quando gioca Tom Brady), di poter dire la nostra, di tornare in allenamento con una consolidata posizione in AFC East; invece si è saliti in aereo con un pesante 38 a 7 sul groppone e la prima sconfitta stagionale. Non che perdere con questi Pats sia uno scandalo, ma era lecito aspettarsi una figura migliore.
On to Cincinnati
Le parole usate nel titolo sono quelle pronunciate da Danny Amendola dopo la performance contro la sua ex squadra, domenica scorsa, e sono quelle corrette per una simile situazione. E’ inutile stare a rimuginare ancora su quello che ormai è avvenuto, se ne è già parlato diffusamente tra domenica e lunedì, lo abbiamo fatto noi su Touchdown – e, come ricorderete, io sono stato tra i più severi critici di quella prestazione, ampiamente insufficiente a mio avviso – lo hanno fatto i giornalisti sportivi e gli analisti della lega, tutti piuttosto netti nel sottolineare la pochezza dei Dolphins al cospetto dei Patriots. Questa stagione è però lunga, “una maratona” per usare le parole di Cam Wake, ed è troppo presto per condannare questi ragazzi.
Secondo l’head coach di Miami, Adam Gase, tutto si può rimettere a posto, non occorre preoccuparsi troppo e per il lineman difensivo Davon Godchaux la sconfitta farà bene alla squadra, in quanto li rimetterà nella dimensione che spetta a questa franchigia, evitando ogni inopportuna e anacronistica distensione, perché non ci si qualifica certo per i playoff a settembre, e bisogna ricordarsi di tener sempre la testa sulle spalle. C’è da augurarsi che abbiano ragione entrambi.
Aldilà del risultato, lo strascico della scorsa settimana è un grave infortunio al C Daniel Kilgore, che sarà out per tutta la stagione, e una botta anche a Bobby McCain, che sarà con ogni probabilità fuori dalla sfida di domenica. Al posto di Kilgore giocherà Travis Swanson, che non ha fatto una grande impressione a Foxborough, il quale nelle prossime settimane dovrà contendersi il posto con Wesley Johnson, ex centro dei New York Jets aggregatosi ai Dolphins in settimana (prendendo il posto di Jordan Phillips, finito a Buffalo tramite waiver), mentre al posto di McCain potrebbe essere rilanciato Cordrea Tankersley, tornato a disposizione, o spostato l’ottimo rookie Minkah Fitzpatrick, davvero in grande spolvero. Probabilmente rivedremo in campo la S Reshad Jones, e questa è proprio una buona notizia. Chissà che lo schiaffo di Boston e la presenza dell’abile S possano rigenerare questa D, soprattutto sulle corse.
I punti interrogativi relativi ai Dolphins però non sono tanto in difesa, quanto in attacco. I temi principali a questo riguardo, naturalmente, sono l’inconsistenza del gioco dei RB nelle ultime due partite, nelle quali nè Frank Gore, nè tantomeno Kenyan Drake, sono riusciti a correre come sanno e vorrebbero. Questo fatto ha reso monodimensionale la offense di Miami, mettendo in difficoltà Ryan Tannehill ed i suoi ricevitori, i quali sono stati messi sotto una pressione continua ed incessante, che li ha costretti in una vera e propria gabbia contro l’attenta difesa di New England. Non vi è alcun dubbio sul fatto che le spalle che devono caricarsi questa squadra sono quelle di Tannehill, ma le – talentuose – gambe di Drake e Gore devono necessariamente fare la loro parte, altrimenti non si segneranno molti punti, dal momento che non si avranno molti primi down.
Serve una reazione importante, serve dimostrare che Miami è una squadra e sa reagire alle difficoltà, serve dimostrare chi sono davvero questi Dolphins, altrimenti dovremmo aspettarci numerose altre battute della stessa serie di quelle che si esternavano lunedì nel podcast Around the League, dove una giornalista ha affermato: “The Dolphins were definitely MIA”, sfruttando un doppio senso tra l’abbrevazione della parola Miami e l’acronimo militare che sta per missing in action, dispersi sul campo. Penso che i Phins siano in grado di farlo, ma non sarà una situazione proprio comoda a Cinci.
Come stanno i Bengals
Nella Queen City c’è poco da vedere, non parliamo certo di una destinazione turistica particolarmente importante, nel panorama degli States. Nonostante sia un importante centro economico e culturale, infatti, non c’è molto da visitare qui. Se però vi trovaste da quelle parti, una visita al Paul Brown Stadium fatela, perchè la struttura trasuda football e, di questi tempi, ospita anche una squadra on fire, come amano dire gli americani.
Il record dei Bengals è identico a quello dei Phins, ma la squadra ha strappato un’importantissima W ad Atlanta la settimana scorsa, portandosi avanti con 8 secondi rimasti sul cronometro, dimostrando una lucidità rara e una determinazione che i Dolphins avevano lasciato a Miami, nel corso della loro trasferta in Massachussets.
I playmaker principali della squadra di Cincinnati si chiamano Geno Atkins e Carlos Dunlap (DE), oltre che Vontaze Burfict (LB) in difesa, mentre rispondono ai nomi di Giovani Bernard e Joe Mixon (ammesso che recuperi per domenica) nel backfield offensivo. Il QB è red rifle Andy Dalton, dotato di un buon lancio e di una buona padronanza degli schemi offensivi, ma non certo una superstar di questo sport. La offense dei padroni di casa sarà senza l’affidabile TE Tyler Eifert, ma potrà contare su uno dei più pericolosi ricevitori della lega, uno che in red zone sa farla pagare a chiunque e ha sicuramente i mezzi per render la vita difficilissima a un ottimo corner come Xavien Howard, uno che è in NFL da 7 anni e ha partecipato a 7 Pro Bowl, mi sto riferendo ovviamente al numero 18, Adriel Jeremiah – per tutti A.J. – Green, quarta scelta assoluta nel draft 2011, ricevitore dominante, pure incontenibile a volte. Non servirà questo articolo per istruire Gase e il coordinatore difensivo di Miami Matt Burke che, se si riesce a limitare Green, si limitano i Bengals per intero e la partita si semplifica sensibilmente.
Considerazioni finali
Il matchup tra Howard e Green è probabilmente la principale chiave di lettura della partita, in ottica difensiva per i Dolphins. In ottica offensiva, invece, come si è già scritto, molto dipenderà dallo spazio che avranno Drake e Gore, ma anche lo stesso Tannehill, per correre e guadagnare yards a terra. Non dimentichiamoci poi del talento di Amendola e Jakeem Grant sui ritorni, perchè anche con lo special team si vincono le partite, e non sarebbe affatto male vedere il giovane WR con il numero 19 superare con la sua velocità i marcatori ed esplodere in meta, come già fece contro Tennessee.
La partita appare tutto sommato equilibrata sulla carta, anche se, quantomeno per il fattore campo, i Bengals partono leggermente favoriti per la vittoria finale. La partita di domenica, comunque, è alla portata dei Dolphins, i quali sono chiamati ad esorcizzare i demoni di week 4 e giocare come hanno dimostrato di saper fare nelle prime tre uscite stagionali. Forza Dolphins.
Autore: Mattia Mezzetti
Data di pubblicazione:
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