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Perché gli italiani che seguono la NFL non seguono il football italiano?
Perchè molti italiani che seguono la NFL non seguono il football italiano? Noi li abbiamo intervistati, ecco cosa ci hanno detto.
Una delle domande più distruttive (di sempre) sul “football americano italiano” è sempre la stessa: “perchè gli italiani che seguono la NFL non seguono il football italiano?“.
Intanto diciamo che non è sempre così, purtuttavia meno del 10% (molto meno) di questi appassionati, segue con interesse e continuità il football italiano (statistica fatta sul campione di utenti e delle statistiche di Touchdown Magazine).
La risposta in alcuni casi è fin troppo ovvia, come si può paragonare il professionismo della NFL con l’agonismo dilettantistico italiano? Troppa differenza. Oltretutto parliamo di uno sport che hanno inventato gli americani, se non lo sanno esprimere al meglio loro, chi può farlo?
A noi però interessa che gli italiani, appassionati di football NFL (e sono tanti…), inizino a seguire anche i campionati italiani, perchè la crescita di uno sport passa anche, e soprattutto, dalla diffusione che tale sport può avere sul territorio.
Più appassionati vuol dire più visibilità, più visibilità vuol dire più praticanti e più praticanti vuol dire più competizione, quindi più qualità e di conseguenza, con l’aumento della qualità, anche più appassionati/pubblico. E qui il cerchio si chiude.
Ma siamo sicuri che più qualità nel football italiano voglia dire automaticamente più pubblico alle partite?
In parte sicuramente si, ma in quest’articolo vi sveleremo cosa pensano e cosa vorrebbero “quelli che seguono la NFL“, e scopriremo che la qualità del gioco è solo un fattore, ma non l’unico.
Questo articolo nasce proprio da uno scambio di opinioni con dei lettori di Touchdown Magazine in merito al football italiano, e dal momento che la discussione si era fatta interessante, abbiamo deciso di intervistarli e riportare qui “la desiderata” di chi il football lo segue per passione, e non perchè ci gioca il fratello o il compagno di scuola
L’intervista è fatta a campione, abbiamo posto delle domande e riassunto le risposte più condivise, aggiungendo anche alcuni dei loro spunti personali. Buona lettura!
L’intervista
D: Come hai conosciuto il football? Prima quello NFL o quello italiano?
R: Prima quello NFL grazie alla tv, Canale 5 negli anni ottanta quando in chiaro trasmetteva le partite di football americano. Di quel periodo ho sempre in mente le immagini di una partita epica giocata sotto una copiosa nevicata, una era di sicuro Green Bay, l’altra squadra non la ricordo è passato troppo tempo… sempre di quel periodo poi dai giornali ho avuto notizie del movimento italiano del football, e vivendo in centro Italia l’eco dei Dolphins Ancona e di qualcosa a Perugia ci arrivarono più forte dalle altre realtà italiane.
D: Perchè ti appassiona il football americano?
R: Dal punto di vista sportivo lo reputo un gioco completo dove l’atleta per esprimere il suo potenziale può usare sia i piedi che le mani, messi al servizio della potenza e dell’agilità senza dimenticare l’intelligenza e l’astuzia e quindi la strategia. Altra cosa che mi piace, essendo uno sport di “contatto” (collisione, direbbe qualche famoso coach NFL, ndr) è la disciplina e l’autocontrollo che l’atleta impara trasformandolo in un fattore che rende questo sport più sincero e nobile di altri.
Nel football non si simula il dolore, c’è più rispetto in campo! E poi comunque la coreografia di una partita, tra squadre e “contorno” ha il suo fascino!
D: Segui il football italiano? Quale categoria e perchè?
R: Si! Da alcuni anni ho ricominciato a seguire il football americano italiano, diciamo che in generale seguo tutte e tre le categorie ma questo solo a livello di risultati classifiche e qualche cronaca.
Nello specifico, più approfonditamente seguo la prima divisione cioè la ex IFL. Il motivo? Semplice. Delle tre categorie è quella che offre in generale più spettacolo. Pur non essendo di Ancona mi sono appassionato alle sorti dei Dolphins e quando ne ho la possibilità vado anche a vedere le partita allo stadio. Apprezzo il lavoro, il sacrificio e la passione che hanno le persone che stanno dietro ai Dolphins.
D: Dicci cosa ti piace e cosa non ti piace del football italiano?
R: A livello di organizzazione del campionato di prima divisione non mi piace ne’ il girone unico ne’ due gironi Nord e Sud chiusi nei loro recinti geografici. Vedrei bene dei gironcini con degli interdivisionali in stile NFL.
Quello che mi piace invece è la passione e l’impegno che molta gente mette nel football. Se magari tutta questa energia fosse coordinta ed indirizzata in una unica direzione, probabilmente il football camminerebbe piu spedito.
D: Da appassionato di questo sport, cosa rende appetibile, secondo te, una partita di football italiano?
R: Parlando della partita, e lo dico da appassionato che ha sempre seguito la NFL e da poco ha gettato lo sguardo sulla IFL, non mi piace l’approssimazione e la scarsa cura dei particolari. Appurato che gli impianti, quelli veri da football americano, si contano sulle punta delle dita, faccio fatica a capire perché nei campi da calcio riadattati non si curino i dettagli (se così possiamo definirli), come avere dei pali che siano dritti (e magari anche gialli), oppure un campo segnato a dovere, magari con numeri e hashmark e un tabellone elettronico che dia punteggio e tempo. Poi mal sopporto alcune discrepanze estetiche da parte dei giocatori, come divise delle squadre non sempre uniformi, maschere di colori diversi, pantaloni diversi e addirittura a volte anche i caschi di diverse tonalità dello stesso colore. Sembrano piccolezze, ma sono quei dettagli che fanno sembrare ancora più trasandato e dilettante il football italiano, dando un’immagine peggiore di quello che invece è nella realtà. E vogliamo parlare dei sottomaglia con i colori più disparati? Che ci vuole ad avere tutti un sottomaglia dello stesso colore?
D: Consigli, suggerimenti, speranze per il football italiano?
R: Consigli spassionati ne ho dati diversi nella domanda precedente, basterebbe già risolvere quei punti, e saremmo un passo avanti. Poi, non si offenda nessuno, so che si tratta di ragazzi che giocano per passione e non sono dei professionisti, anche se molti sono veramente bravi, però il gioco è lento, e anche gli arbitri dovrebbero essere più veloci a prendere le decisioni, perchè molte volte anche loro non aiutano a rendere fluida una partita.
Non pretendo che sia la NFL, però quando sei abituato a guardarla, la NFL, e poi guardi il campionato italiano, la prima cosa che noti (dettagli organizzativi a parte) è proprio la velocità di esecuzione dei giochi e di decisione degli arbitri. Altra cosa che manca è una struttura televisiva professionale, le riprese dell’Italian Bowl di Cesena, sono il sale per la spettacolarità di questo sport, per chi lo vede da remoto intendo.
In mancanza di questo, vorrei ringraziare il buon Ghezzi, alias mister mattanza! Se durante il campionato riesco a seguire (io come gli altri) le partite di campionato tramite lo streaming di FIDAF TV (al quale aggiungiamo anche DOLPHINS TV che sta facendo altrettante partite, ndr), il merito è solo suo (e di tanti altri, ndr), grazie alla passione e alla determinazione che ci mette.
Diciamo che il football con tutti gli ingredienti al posto giusto è una vere sinfonia, uno spettacolo nello spettacolo, anche grazie al lavoro di Ghezzi, che commenta una partita su un campo da football e si esalta per delle giocate spettacolari, coinvolgendo con il suo entusiasmo il pubblico che segue la partita.
D: Quali squadre italiane reputi che stiano facendo il lavoro migliore, a livello di visibilità? E perchè?
R: Sinceramente credo che al momento i Seamen siano un passo avanti a tutti. Soldi a parte mi sembra che lo spettacolo che viene allestito durante le loro partite sia un toccasana per “acchiappare” visibilità. Loro hanno una gran cura per i particolari di cui parlavo prima, e come lo notiamo noi semplici spettatori, magari lo notano anche dei possibili sponsor.
In prospettiva poi vedo bene anche Firenze, grazie all’ottimo impianto di cui dispone.
Gli altri team li vedo tutti un più o meno sullo stesso piano, anche se comunque con un po’ piu di attenzione e cura nei particolari tutti riuscirebbro a “vendere” meglio la loro immagine.
Penso che un tifoso di una squadra italian, magari preferisca vedere più il proprio team vincere, e magari faccia meno caso al “contorno”, ma l’appassionato che non è (ancora) legato sentimentalmente ad un team, magari vuole vedere più cura e spettacolo, e magari una volta soddisfatto, seguirà con più interesse il football di casa nostra, diventando anch’egli tifoso di una squadra.
Ribadisco, al momento secondo me manca un collante che possa unire il piccolo mondo del football italiano a quello dei tanti appassionati di questo sport in Italia. Questo collante è lo spettacolo a 360 gradi, e sinceramente spero che non non tardi ad arrivare, almeno sui campi della IFL.
Per il momento da appassionto di football italiano, essendo un “nazionalista” mi godo il football nostrano per come mi viene offerto, e ringraziando mi godo le trasmissioni preferite e i magazine a cui faccio un plauso a chi le porta avanti con passione: Touchdwn Magazine, Fidaf TV, Andrea Ghezzi e le sue trasmissioni radio, coi suoi collaboratori Luca Correnti, Marc Taccone, Andrea Mirenda, Simone Paschetto e tanti altri. Non ultima la trasmissione Ultima Yard ed il suo conduttore, credo Dario Arienti, perché non si lavora per farlo diventare un talkshow video on line?
Chiudiamo qui l’intervista, di spunti ce ne sono stati dati un bel po’. Aggiungiamo per dovere di cronaca che i veri precursori dello streaming online sono stati i Dolphins Ancona e i Marines Lazio, che già qualche anno fa riprendevano in diretta le partite con dei telefonini. Oggi lo streaming si è evoluto, ci sono più piattaforme sui quali farlo ed ognuna ha le sue caratteristiche, e i risultati sono qualitativamente sempre in crescita.
Verranno ascoltate le proposte degli appassionati? Vedremo, intanto l’organizzazione dell’Italian Bowl 2017 sembra andare proprio nella direzione desiderata, speriamo sia solo il primo passo però.
Autore: Fabio Gentile
Data di pubblicazione:
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