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Christian Nobile: un bolognese a Parma

“Una sfida con me stesso e verso tutti quelli che hanno criticato la mia scelta”. E’ questo il pensiero ricorrente di uno dei nuovi rinforzi in casa Panthers: il bolognese Christian “Gis” Nobile, classe 1984,  linebacker. Un arrivo fortemente voluto dalla società di Ivano Tira e dal giocatore che per sbarcare a Parma ha pagato […]


“Una sfida con me stesso e verso tutti quelli che hanno criticato la mia scelta”. E’ questo il pensiero ricorrente di uno dei nuovi rinforzi in casa Panthers: il bolognese Christian “Gis” Nobile, classe 1984,  linebacker. Un arrivo fortemente voluto dalla società di Ivano Tira e dal giocatore che per sbarcare a Parma ha pagato anche lo scotto di un anno di inattività agonistica, mesi veramente lunghi e duri da digerire. “Gis” Nobile lascia per la prima volta la sua Bologna – dove ha giocato sia per i Doves che per gli Warriors – per sbarcare nella squadra Campione d’Italia.

Christian perchè hai scelto i Panthers? “Per tanti motivi, ma soprattutto perché so di trovare una realtà che fa della professionalità e del lavoro le basi per una stagione vincente. In più ritrovo una persona che è più di un amico: Simone Bernardoni, un fratello per me. I Panthers in questi anni hanno costruito un coaching staff di altissimo livello ed una mentalità vincente che stimola e contagia chiunque arrivi a vestire la loro maglia. Per me sarà una sfida anche personale. Non nascondo che giocare per lo scudetto è una motivazione sempre forte, ma arrivare a Parma vuol dire anche mettermi in discussione, misurarmi con un livello più alto, dovermi inserire in una macchina che negli ultimi 4 anni ha girato alla perfezione. Ho ricevuto critiche per questa mia scelta, mi hanno detto  ‘vai a giocare con la Juve, troppo facile’, ed invece per me sarà il contrario perché dovrò impegnarmi per essere una parte importante di una squadra vincente”.

 

Una scelta che comporta anche dei sacrifici: 180km di viaggio tra andata e ritorno per ogni allenamento… “Si e no. In fondo vado a far quello che mi piace, con i miei amici. Per me praticare lo sport che amo è fondamentale e farlo a Parma sarà come ho già detto, molto stimolante. Devo ringraziare Elena, la mia ragazza, che mi ha sostenuto in questa mia scelta non ponendo alcun limite, standomi vicino anche nella difficile situazione dello scorso anno. Non vedo l’ora di cominciare, di prendere la macchina e di fare questo piccolo viaggetto assieme ai miei amici, arrivare al campo, dare tutto quello che ho e divertirmi coi ragazzi della squadra”. 

La decisione di giocare per i Panthers è maturata già lo scorso anno, poi qualcosa è andato storto con la tua vecchia società. Alla fine pur di approdare alla corte di Papoccia hai rinunciato a giocare una stagione intera. Il 2013 è stato un anno pesante? “Decisamente sì. Non è stato facile prendere una decisione come quella, ma è stato tutto fatto in funzione del mio arrivo a Parma. Per questo voglio vivere questa esperienza nel miglior modo possibile, quasi come una matricola. Vedere gli altri giocare mi ha caricato ancora di più. La partita mi è mancata molto, soprattutto i tre secondi precedenti allo snap, quando l’adrenalina sale a mille, quando sei pronto per la caccia, studii la linea avversaria pensando a quello che potrà fare. E poi mi è mancato anche il contatto fisico”.

Cominciamo a parlare del futuro. Che cosa ti aspetti dalla tua stagione? “Ho molte aspettative su me stesso, ma voglio pensare un allenamento e una partita alla volta. Conosco già buona parte del gruppo per i miei trascorsi in Nazionale e perché lo scorso anno ho seguito la squadra. So che si lavora duro ogni volta che si scende in campo, che ci sono momenti ben definiti nei quali ci si può divertire ed altri dove si abbassa la testa per dare il massimo. Il mio inserimento nel gruppo comunque sarà avvantaggiato sia dalla presenza di altri bolognesi sia dalla mia voglia di mettermi in discussione”.

Prima hai parlato del coaching staff. Conosci già Andrew Papoccia? “L’ho conosciuto di persona e mi è sembrato semplice, diretto, molto disponibile ed alla mano fuori. Per quanto riguarda il campo non penso che ci siano discussioni: i numeri, le vittorie e la qualità del gioco parlano per lui. Per altro l’ho incontrato anche da giocatore, ma io ero molto giovane, anche se devo dire che con la palla in mano se la cavava” sorride “Gis”.

Nuove regole sugli americani. Quanto influiranno secondo te?  “Premetto che io avrei fatto giocare due americani. Una volta tesserati tanto vale metterli in campo. Ad ogni modo non sono io che faccio le regole. Penso che chi come i Panthers ha giocatori italiani nelle skill positions sarà meno condizionato nella scelta degli stranieri. Chi invece dovrà riempire quei ruoli delicati potrebbe sbilanciare l’attacco o sulle corse o sui passaggi. Noi abbiamo il quarterback oltre ad una batteria di runningback e widereceiver italiani di assoluto livello, ed anche per  le altre posizioni siamo coperti”.

A proposito di quarterback, ritrovi il tuo compagno di Nazionale Tommaso Monardi. Ci vuoi raccontare l’episodio accaduto ad Ancona lo scorso anno? “Si, ho detto alla mamma di Tommy che con lui non si può non vincere, anche se in quella occasione i Panthers hanno subito l’unica sconfitta della stagione, diciamo che certe frasi è meglio pensarle e non dirle per scaramanzia – sorride -. In ogni caso i fatti mi danno ragione.   A qualsiasi livello Tommy viene inserito, i si adatta e risulta vincente. Ricordo ai primi Europei che ha disputato, doveva essere il terzo QB ed invece alla fine ha messo a sedere l’americano. Lo considero un leader. E’ ancora giovane ma sta in campo come un veterano. Faccio i complimenti a lui ed a chi lo ha allenato, la società poi è stata capace di tutelarlo e  farlo crescere nel migliore dei modi”.

Hai molti tatuaggi. Qual è quello più legato al football?  “Certamente quello del Wolfpack, dove sono ritratti il mio numero e quello dei miei fratelli: Bernardoni, Berti e Roba. Ci tengo molto”.

Per chiudere due domande: Virtussino o Fortitudino? “Sempre e solo Virtus, non scherziamo”.

Perché ti chiamano Gis? “Al campetto a giocare a basket, scherzavano sul mio cognome. GiNobile, Ginobili ed è venuto fuori Gis”.

Chi vince il Super Bowl?  “La mia ragazza si arrabbierà ma io dico Seattle. Ha una difesa forte ed un attacco solido, al contrario di Denver, l’altra favorita, che oltre a Manning ed allo staff non ha altre certezze”. 

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